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Il conflitto colombiano esiste e si puó risolvere solo con il negoziato politico

11.12.09

di Carlos A. Lozano Guillen

da Taller, n. 22 aprile-giugno 2009

Venticinque anni fa, il 28 marzo 1984, venne firmato l’accordo de La Uribe tra il governo di Belisario Betancur Cuartas e la segreteria delle FARC, che contemplava un cessate il fuoco bilaterale, inoltre l’impegno governativo di avanzare in dialoghi alla ricerca di riforme politiche, sociali de economiche, che ponessero fine al lungo confronto armato. Inoltre l’accordo annunció la creazione di un movimento politico di unitá della sinistra, nel quale poterono agire dirigenti e combattenti delle FARC-EP per ottenere accordi di pace stabili e sostenibili. L’accordo de La Uribe fu uno degli avvenimenti piú importanti nel ventesimo secolo nella ricerca di una soluzione politica negoziata del conflitto colombiano.
Fu il primo tentativo di stabilire dialoghi di pace da parte del governo con la guerriglia colombiana principale, nella ricerca della soluzione politica negoziata del conflitto interno. E fu anche la prima frustrazione. Se si ricercano le ragioni del fallimento sono le stesse dei tentativi posteriori dei governi di Virgilio Barco, Cesar Gaviria, Ernesto Samper e Andres Pastrana : il sabotaggio da parte del militarismo, l’opposizione del governo USA e l’assenza della volontá di pace da parte della classe dominante colombiana. Quest’ultima sempre optó per la Pax Romana o la Pace dei Sepolcri, mai facilitó la negoziazione di aspetti strutturali delle radici del conflitto. Pretesero negoziare la resa della guerriglia senza modificare nulla delle cause politiche, economiche e sociali del lungo conflitto colombiano.
L’accordo de La Uribe non fu mai rispettato dall’oligarchia. I progetti di legge per l’ordine pubblico e sociale nemmeno vennero presentati al Congresso della Repubblica, con l’eccezzione dell’elezione popolare di Alcalde e Governatori, peró quest’ultima, approvata al margine di una riforma politica pluralista e democratica, si convertí in una istituzione in piú al servizio di capi oligarchi locali e delle clientele politiche tradizionali. Come dimostró la storia recente, le elezioni di alcalde e governatori si convertí in strumento del narcoparamilitarismo come é evidente nella chiamata “parapolitica” che venne a galla negli ultimi anni. La cosa piú grave fu lo sterminio nella piú completa impunitá della Unione Patriottica, movimento dell’unitá della sinistra. La UP venne cancellata dalla mappa politica dopo lo slancio iniziale con forte influenza nelle campagne e nelle cittá. Dopo nulla fu uguale. La sfiducia dell’insurgenza nello Stato dominante divenne totale, dato che agenti dello stesso parteciparono in pieno nella protezione del paramilitarismo e nell’esecuzione del genocidio dell’Unione Patriottica.
“ I fatti superarono l’audace e originale politica di Betancur, che mancó di autoritá individuale per eseguire o decretare il cambio o per negoziare il reinserimento dei movimenti guerriglieri della nazione. Internamente non contó con sufficenti alleati. La comunitá internazionale risultó assente dal processo. Il processo di pace mori a causa di mille piccole morti e affogó in un crescente mare di violenza” (1). Il processo non contó con sufficenti alleati dice lo scrittore statunitense Marc Chernick. Lo stesso che accadde successivamente, in particolare, durante il governo di Andres Pastrana. Il comandante delle FARC-EP, Manuel Marulanda, dirá all’autore di questo articolo in un reportage per il settimanale Voz : “Il Presidente Pastrana é solo. Lo lasció solo la classe dominante”.(2). Cosí avvertendo la possibilitá di agonia per i dialoghi del Caguan.
Durante il processo del La Uribe, il Presidente Belisario Betancur mai si incontró con portavoce delle FARC, men che meno con il suo comandante Manuel Marulanda, come si é fatto con dirigenti del M-19 in Madrid (Spagna). Betancur si incontrerá con Marulanda a Los Pozos, zona del Caguan, nel 1999, in pieno processo di dialogo con il governo di Andres Pastrana. Della riunione fu testimone l’allora Alto Commissarrio di Pace, Victro G. Ricardo. Questo é solo un aneddoto, forse poco conosciuto, peró la realitá é che la costante nei dialoghi posteriori in Caracas, Tlaxcala e nel Caguan fu l’indisponibilitá dei governi di turno a discutere dei problemi di fondo dell’agenda politica, economica e sociale delle cause del conflitto. La rinuncia ai discutere dei temi di fondo, portó Marulanda a dire in un reportage per la Voz, nel 2001, prima della rottura dei dialoghi del caguan : “Che mi dicano cosa cavolo é negoziabile!”.(3)

In Colombia si ha un conflitto che si prolunga da piú di cinquant’anni, che non si é potuto risolvere per via militare. Né lo Stato con tutta la forza del suo apparato bellico, sempre appoggiato dall’imperialismo USA, ha potuto sconfiggere l’insurgenza, né questa conseguí conquistare il potere per la via armata. Non é un “pareggio”, come assicurano alcuni analisti, se non la realtá di un confronto che si prolunga da molti anni al prezzo di una enorme degradazione. Il peggio é l’apparizione del paramilitarismo, creatura dello Stato, conformato a partire dalla promozione e complicitá di comandanti dell’esercito, allevatori, latifondisti, narcotrafficanti e politici tradizionali nazionali e regionali, in una specie di misuglio delinquenziale, non solo per affrontare la guerriglia ma per eliminare l’opposizione politica e sociale legale. Fu la controrivoluzione preventiva, nel metodo consigliato dagli USA nella dottrina si sicurezza nazionale durante la guerra fredda peró che si prolunga nell’attualitá, travestita da “sicurezza democratica”.
Per il governo di Uribe Velez il conflitto non esiste. Si ha un’aggressione terroristica contro la societá e lo Stato, quest’ultimo pure vittima degli abusi dei “delinquenti”. Nega la natura politica, economica e sociale del conflitto, la cui origine discende dalla democrazia quasi inesistente e dalla negazione a riforme politiche e sociali di fondo. In questo caso, la principale contraddizone dell’uribismo in materia di guerra e pace, é che per il governo nazionale per sconfiggere il terrorismo si debe lanciargli contro tutto quello che si trova a portata di mano, anche al prezzo di eliminare la democrazia e il rispetto per le libertá pubbliche e i diritti fondamentali dei colombiani e delle colombiane. Per i democratici e gli amici della pace, al contrario, la soluzione é nel rafforzare la democrazia e l’uguaglianza sociale.
Uribe Velez nega il conflitto per tenersi le mani libere e poter attuare in maniera arbitraria, non riconosciendo il diritto internazionale umanitario, il principio di distinzione tra combattenti e non combattenti e la soluzione politica negoziata come unica via per risolverlo. Il risultato é una maggiore degradazione, con “falsi positivi”, esecuzioni extragiudiziali di civili, penalizzazione della lotta sociale e politica, repressione e violazione dei diritti umani, cosí come piú sequestri, utilizzo di armi con convenzionali che coinvolgono civili, mine antipersona e altre forme di prepotenze contro la popolazione civile. Il governo desidera far credere che l’unico problema sono i sequestri, al che ora minimizza le cifre che appena superano il centinaio di sequestrati, da distribuire tra paramilitari, guerriglia e delinquenza comune. In questa condizione de essendo certe le cifre governative, hanno ragione le FARC quando riportano solo “nove persone in loro potere per l’applicazione della legge 002”. La certezza é che il livello di barbarie e orrori del conflitto sorpassano tutti i limiti umani. Il concetto di umanitá si é perso, perché tutto vale nell’affrontare il “nemico”. I paramilitari sono qui, vivi e vegeti, nonostante che il presidente Uribe neghi la loro esistenza.

La “sicurezza democratica”é fallita. Di questo non ci sono dubbi. Il governo esibisce cifre accomodate e alcuni colpi forti portati alle FARC, per dimostrare il successo del manganello della “sicurezza democratica”; “ siamo alla fine”, dicono i generali, “il serpente é ferito”, dice Uribe Velez e “i guerriglieri stanno correndo nel profondo della selva e mangiando erba, grazie all’offensiva militare”, assicura il loquace ex-ministro della Difesa, Juan Manuel Santos. Peró la realtá dimostra un’altra cosa. In questi giorni si sono verificate varie azioni in Arauca, Caquetá, Putumayo e regioni del Meta, il che dimostra la presenza della guerriglia e che si é lontani dalla vittoria definitiva che proclama il regime.

Giá da sette anni il governo nazionale annunció il Piano Patriota con il termine di sei mesi per sconfiggere la guerriglia. Sono passati vari sei mesi e questo non é successo. Il quadro della realtá é un altro. Senza dubbio le FARC sono state colpite. La morte di Raul Reyes e di Ivan Rios sono risultati della “sicurezza democratica”, benché non caddero in combattimento, come pure alcuni territori prima controllati dalla guerriglia e oggi recuperati dallo Stato; si registrano diserzioni e colpi ai Fronti in alcune regioni che non si possono non considerare. Si devono analizzare nei loro effetti e ripercussioni. Non sono semplici “colpi che avvengono in tutte le guerre; si hanno vittorie e sconfitte transitorie”, come spiegano alcuni portavoce della guerriglia. Hanno una loro forza e in una certa maniera cambiano il confine della confrontazione. Oggi si é di fronte ad una offensiva dello Stato de é una tendenza difficile da ricomporre, perché l’apparato bellico si trova in pieno rafforzamento con l’aiuto di Stati Uniti e altri governi che appoggiano la guerra con l’idea che é il modo di portare la guerriglia sconfitta ad una resa. Quello che non si modifica per niente é la natura del conflitto, non si sradicano le cause che l’originarono, questo solo é possibile con riforme e cambi nella vita nazionale; con il rafforzamento della democrazia e della giustizia sociale. Non capirlo é un errore strorico dell’oligarchia colombiana.

In questi tempi si sono presentati nuovi fatti favorevoli alla pace. Cresce il clamore nazionale e internazionale per lo scambio umanitario e i dialoghi di pace, con tutte le difficoltá che ci sono con Uribe Velez, ora impegnato con la seconda rielezione, il referendum rielezionista e la campagna elettorale, con l’aggravante che i suoi sostenitori e lui stesso credono che maggiormente duro e guerrafondaio si mostra, maggiormente cresce l’appoggio l’immagine favorevole e l’appoggio elettorale. Cosa non cosí certa in questo momento.

L’atto piú importante é la nascita di “ Colombiane e Colombiani per la Pace”, diretto dalla senatrice Piedad Cordoba, che tiene un ampio appoggio nazionale de internazionale. L’ultima lettera di dialogo con le FARC fu sottoscritta da piú di 200 mila persone, nel momento che le sue conquiste concrete di consegna do detenuti da parte delle FARC, il compromesso per l’intercambio umanitario superando posizioni inamovibili e disponiblitá piena a intavolare dialoghi di pace, lo convertono in un interlocutore valido per l’avvicinamneto di Governo e Insurgenza in momenti di distanziamento e sfiducia reciproca. Anche la Chiesa Cattolica si é espressa appoggiando la pace e opponendosi alla rielezione uribista. Tutto questo portó che il Governo e il presidente Uribe proposero alle FARC una sospensione delle ostilitá di quattro mesi per iniziare dialoghi di pace. Anche se spetta alla guerriglia rispondere al governo pare poco probabile l’accettazione unilaterale di una cessazione di ostilitá, essendo evidente che questo tipo di compromesso che abbasa l’intensitá del conflitto deve
essere bilaterale perché possa essere efficace e generare un ambiente propizio e di distensione per eventuali dialoghi tra le parti.

L’importante é che la societá civile si adoperi con decisione attraverso “ Colombiane e Colombiani per la Pace”. É qualcosa di nuovo e necessario, perché un processo di dialogo deve compromettere tutti i settori della societá colombiana. Questo non é un compito esclusivo del governo e della guerriglia, perché sono compromessi gli interessi generali ch eriguardano democrazia e giustizia sociale.
“Colombiane e Colombiani per la Pace” si convertí, di fronte all’opposizione del governo di Uribe Velez, nell’interlocutore tra “societá civile” e le FARC-EP e l’ELN, attraverso dialoghi epistolari per ottenere di abbassare l’intensitá del conflitto, attrarre l’ insurgenza allo scenario politico, creare le condizioni per l’interscambio umanitario, ottenere liberazioni unilaterali per decisione della guerriglia e aprire cammini di pace con democrazia e giustizia sociale.

Il governo nonostante il maccartismo contro i principali rappresentanti di “Colombiane e Colombiani per la Pace” ha dovuto riconoscere questa interlocuzione, nonostante che insista nell’escluderlo da questa con segnalamenti e obiezioni assurde. É anche una maniera per distrarre dagli scandali pubblici come il modo in cui si finanzió il referendum rielezionista, dei favori alla famiglia presidenziale in lucrosi affari, dei falsi positivi, le violazioni dei diritti umani, la “parapolitica” e altre pratiche aberranti della cupola al potere.

Nel momento attuale esistono nuovi spazi per la pace, che fanno rinascere la speranza nel paese e nel mondo. Peró questo si scontra contro la resistenza del governo, con l’ostinazione di Uribe Velez che continua ad aspettare disperatamente la madre di tutte le battaglie; aspetta nuovi trofei di guerra che servano nella campagna rielezionista. Al contrario il popolo colombiano e le masse popolari devona avanzare iniziative e mobilitazioni per la pace.

Il Polo Democratico Alternativo nel secondo congresso concordó una Risoluzione per la Pace, non solo punta a sollevare la bandiera della soluzione politica negoziata del conflitto, anche che il monopolio delle armi da parte dello Stato diviene da una soluzione pacifica e dalla legittimitá dello stesso per il rispetto alla democrazia, alle libertá pubbliche de ai diritti umani. Abbassare l’intensitá del conflitto suppone poner fine alle barbarie della guerra, ottenere il rispetto del diritto internazionale umanitario, porre fine ai sequestri, alle mine antipersona e a tutte le forme di aggressione alla popolazione civile, come la sparizione forzata, i “falsi positivi” e le esecuzioni extra-giudiziali, la repressione delle comunitá e la penalizzazione dell’opposizione politica e delle lotte sociali.
In questo senso, la posizione dei governi amici e democratici deve essere molto chiara, perché si ha molta retorica al riguardo.
Non capiamo come si possa parlare di appoggiare la pace in Colombia, peró allo stesso tempo premiare la disastrosa gestione UribeVelez, al livello di Bush o delle amministrazioni locali controllate per il franchista Partito Popolare di Spagna. Capiamo le relazioni di stato, peró non i salamelecchi con un presidente reazionario, fascistoide, guerrafondaio, che incendia le frontiere con i paesi vicini.
La Colombia uscirá da questa orribile notte uribista. Non abbiamo il minimo dubbio. Si collocherá nella direzione del vento che soffia in America Latina e che favorisce gli avanzi democratici, la piena sovranitá e la unitá latinoamericana. Di questo siamo sicuri.
Peró dipenderá in buona misura dal nostro agire conseguentemente con i nostri principi, senza debolezze né concessioni di nessuna natura.

1- CHERNICK, Mark; Acuerdo posible. Ediciones Aurora. Pag.86; 2008
2-VOZ, edicion 2071 del 22-28 novembre 2000
3-VOZ, edicion del 21 novembre 2001

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