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Il Guamocó nel mirino delle multinazionali

16.07.08

Bernat Segon
IPO – International Peace Observatory

Il Guamocó é una regione sud-occidentale del promontorio di San Lucas, dove abitano circa di quattromila persone che si dedicano ad attività estrattive artigianali e al lavoro dei campi. Si caretterizza per essere, come espongono alcuni studi, una delle zone aurifere più grandi del mondo, ma il suo sottosuolo è ricco anche di altri preziosi minerali come il carbone e l’uranio. Tra la fine degli anni ’60 e il principio degli anni ’70 molta gente umile proveniente da diverse parti della Colombia ( generalmente proveniente dalle zone limitrofe) colonizzò il Guamocó per dedicarsi all’artigianato e configurarono una realtà interetnica particolare. L’esistenza di molte comunità evangeliche di discendenza afro hanno tinto la regione di Cristianesimo.
La crisi agraria, favorita della entrata del neoliberismo, soprattutto a partire dal governo Gaviria, condannò un settore della popolazione mineraria e agricola alla coltivazione della pianta di coca come unica alternativa percorribile complementare alle altre attivitá tradizionali che permettevano la sussistenza. L’ampia influenza guerrigliera nella zona,
( questa zona é uno dei feudi storici dell’ELN e stanzia qui il ventiquattresimo fronte delle FARC), si percepisce nel promontorio. Il paramilitarismo, che ebbe una presenza maggiore nella regione fino al 2005, si sviluppò soprattutto in quelle zone dove le imprese multinazionali avevano puntato gli occhi per lo sfruttamento minerario. Villaggi come quello di Palma Chica furono totalmente rase al suolo per mano dei sicari armati organizzati, territorio che attualmante (e curiosamente) si trova nella sfera di interesse di una conosciuta multinazionale.
La messa nell’illegalità delle attivitá minerarie artigianali da parte dello Stato, le fumigazioni con glisofosfato utilizzando aerei finanziati con le risorse provenienti dal Plan Colombia e la promessa fatta sotto banco dagli enti gorvenamentali alle grandi societá interessate alla regione del Guamocó di consegnare una regione ”ripulita” dalla guerriglia e dalla popolazione entro il 2012, presagiscono un difficile futuro per gli abitanti della regione che già da quattro decadi lottano con tutte le forze per risuscire a resistere nella propria terra.

L’attività di estrazione mineraria artigianale e le risorse naturali in pericolo

L’offensiva statale per permettere lo sfuttamento delle risorse della regione alle multinazionali mette in pericolo una cultura mineraria molto ricca e interessante. Le attività di estrazione mineraria artigianale si svolgono in differenti modi: la extracción de aluvión, che si realizza attraverso un piccolo scavo lasciato aperto; la minería de beta, attraverso uno scavo profondo che permette la costruzione di elaborate gallerie; o la minería por braga, con l’estrazione delle piccole pepite di minerali che i canali e i fiumi trasportano attraverso il processo di sedimentazione.
Societá come la Anglo Gold Ashanti e la sua filiale Kedada, o quella rappresentata per lo statunitense John Miller, hanno fornito migliori infrastutture e materiale tecnico per conquistarsi i favori delle comunità, approfittando del indifferenza statale che tiene la popolazione sottomessa a vivere in condizioni precarie.
Le fumigazioni verso coltivazioni alimentari, i blocchi economici, la presenza di civili incappucciati e armati, l’inesistenza di autoritá civili sono interpretate dalle comunitá del Guacomó come una strategia premeditata di desplazamiento. Le incessanti macchinazioni propagandistiche per criminalizzare la piccola impresa mineraria e l’agricoltura parlano degli effetti di queste attivitá sul medio ambiente, parlano di narcotraficcanti assetati di denaro che non vogliono abbandonare la coltivazione della coca. Non parlano, invece, degli effetti nocivi ambientali e socio- economici che hanno prodotto le grandi impresi minerarie in altre zone di sfruttamneto minerario nè dell’inesistenza di plausibili alternative per i coltivatori di coca.

Aheramigua: un’alternativa per gli agro-minatori del Guamocó

In questo contesto nacque Aheramigua (Asociación de Hermandades Agroecológicas y mineras de Guamocó) il 24 giugno 2007 nella vereda della Marisosa con l’obbiettivo di realizzare una lotta civile organizzata per la difesa del territorio e la salvaguardia delle risorse naturali. Le minaccie subite che riflettono l’interesse delle multinazionali a scapito del settore mineraio artigianali e agricolo, l’abbandono statale e la situazione di conflitto permanente riscontrato in diversi gradi nella regione spinsero la creazione di questa struttura che permetteva la difesa degli interessi degli abitanti e delle risorse naturali.
Il primo viaggio che Aheramigua realizzò per farsi conoscere nelle diverse zone del Guamocó si realizzo nel mese di aprile ( vedere l’articolo di Ana Basanta). Nel secondo viaggio di rafforzamento politico, Aheramigua ha percorso las veredas di San Juan, Guayacanes, la Marisosa, Tomates, la Unión, Aquenque e la Corona, nel mese di giugno.
Come nel precedente giro, IPO ha accompagnato l’interessante processo che si sta sviluppando. Però non eravamo gli unici ad essere lì. Altre organizzazioni sociali di distinta matrice hanno accompagnato durante parte o la totalità del percorso: ASORVIM, CREDHOS, il collettivo di avvocati Luis Carlos Pérez, Prensa Rural, Pan para el mundo, PBI o la ACVC.
La sensibilizzazione fatta durante in questi giorni sutematiche tanto distinte come l’implicazione dell’entrata delle multinazionali, il rispetto dei diritti umani e il diritto delle vittime, la necessità che i minatori cambino alcune pratiche nocive per il medio ambiente ha dato i suoi frutti, visto che in tutte le comunità visitate si sono create nuove associazioni. Il lavoro culturale, destinato al recupero/creazione di un’entitá collettiva che permetta di creare un radicamento maggiore della popolazione alla terra e di palesare la realtà formando un processo di memoria storica, è stato l’altra parte delle attività realizzate.
Sappiamo, dunque, che il Guamocò sta in pericolo, però sappiamo anche che c’è gente disposta a difenderlo.

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