Ipo è una organizzazione di accompagnamento internazionale e informazione in Colombia, in solidarieta' con organizzazioni sociali in resistenza non-violenta.

Ipo News

Ricevi sulla tua e mail la news letter di IPO con gli ultimi aggiornamenti del sito.

Inscriviti qui

Licenza

Creative Commons License
Questa opera è sotto licenza Creative Commons

Feed RSS

Ricevi gli aggiornamenti nel tuo web browser

PayPal

"Coca made in Cia" tratto da "l'espresso"

23.01.09

Dai rapimenti degli attivisti musulmani in Europa al traffico di droga in Colombia. Nel lavoro sporco della Cia, l’agenzia di intelligence degli Stati Uniti, non si butta via niente. Nemmeno gli aerei usati dal governo Usa nelle operazioni di ‘extraordinary rendition’: il trasferimento al lager di Guantanamo o nelle celle delle torture in Medio Oriente degli integralisti sospettati, con o senza processo, di complicità con i terroristi di Al Qaeda. Alcuni di quegli aerei sono ricomparsi sulle rotte clandestine che uniscono l’America del Nord alle zone di coltivazione o di transito dell’oro bianco. È l’eredita che l’amministrazione di George W. Bush lascia al mondo: un livello di produzione e di diffusione della cocaina fuori controllo. Grazie anche al contemporaneo fallimento degli studi e delle stime dell’agenzia antidroga delle Nazioni Unite, lo United Nations office on drugs and crime di Vienna diretto dall’italiano Antonio Maria Costa, il principale organismo mondiale che con i suoi rapporti annuali dovrebbe monitorare l’attività dei narcos e indirizzare le politiche di contrasto dei governi. Una ricerca di Alessandro Donati, ex dirigente del Coni e consulente dell’Agenzia mondiale antidoping, ha verificato i dati forniti dall’Onu sul traffico di coca. E ha scoperto che da anni le cifre sono sottostimate. Un grande buco nei numeri che porta a sottovalutare la quantità di droga in circolazione proprio nel periodo in cui, anche in Italia, la polvere bianca è diventata una sostanza di largo consumo a cominciare dai ragazzi delle medie superiori, i prezzi della dose diminuiscono e la ‘ndrangheta calabrese è salita ai vertici delle importazioni in Europa.

Sotto copertura Conviene cominciare dalle operazioni coperte in corso tra Colombia e Stati Uniti. Ed ecco che appaiono in cielo gli stessi aerei usati dalla Cia per portare prigionieri a Guantanamo. Nulla di segreto, ormai. È tutto su Internet. ‘L’espresso’ ha ripercorso le tracce. Partendo da un incidente avvenuto in Messico e dagli elenchi forniti dal ministero dei Trasporti britannico sui voli sospetti della Cia in Europa.

Il 24 settembre 2007 un Gulfstream II, un lussuoso jet d’affari, attraversa lo spazio aereo messicano. I piloti puntano a nord, verso il confine degli Stati Uniti. Ma in pochi istanti capiscono di essere nei guai. Forse hanno tenuto una quota troppo bassa quando si sono dovuti nascondere ai radar. E per questo i due motori hanno consumato più del previsto. Devono atterrare al più presto. Anche se il carico che hanno distribuito in modo bilanciato tra i sedili non è di quelli che si possono dichiarare in dogana: 126 valigie per un totale di 3 tonnellate e 300 chili di cocaina purissima. Forse la causa dell’eccessivo consumo è proprio quel sovraccarico: l’equivalente di 41 passeggeri per un aereo che di solito ne porta 14. I due piloti chiedono l’autorizzazione per atterrare a Cancun. Ma l’aeroporto rifiuta. Riprovano con Merida, a qualche minuto di volo. Respinti anche lì. Vengono intercettati e inseguiti da un elicottero dell’esercito. L’aereo si abbassa e senza più carburante va a schiantarsi sulla foresta al centro della Penisola dello Yucatan. La fusoliera si rompe in tre tronconi. La mancanza di benzina evita l’esplosione. I due piloti e il terzo a bordo si salvano. E quando dopo alcune ore vengono rintracciati dai militari, chiedono di contattare il consolato degli Stati Uniti. “Sono yankee”, intuiscono subito i soldati. Le valigie piene di cocaina vengono trovate tra i rottami. E qui finiscono le notizie ufficiali. La stampa locale racconta che il Gulfstream era partito da Rionegro, in Colombia. E Rionegro non è altro che il municipio che ospita l’aeroporto di Medellin, una delle capitali dei narcos.

Anche le marche dell’aereo sono nordamericane: N987SA. Ma quando investigatori messicani e giornalisti scrivono la sigla nei motori di ricerca di Internet, ecco la sorpresa. L’aereo compare nei due elenchi che il ministero dei Trasporti di Londra ha consegnato al Consiglio d’Europa per le indagini sui voli della Cia e il rapimento di cittadini sospettati di legami con il terrorismo. Tra il 2001 e il 2004 il Gulfstream vola 18 volte tra Gran Bretagna, Irlanda, Francia e, secondo le registrazioni americane, tra gli Stati Uniti e Guantanamo. Fino al giorno dell’incidente in Messico, l’aereo appartiene a società coinvolte in traffici con la Colombia o in servizi governativi.

Un sequestro di cocaina
Un altro aereo della Cia viene usato nel novembre 2004 per trasportare oltre una tonnellata di cocaina in Nicaragua. Dopo un atterraggio in un campo di cotone, qualcosa va storto e il Beechcraft 200 con sigla N168D viene abbandonato. La stessa sigla appare negli atti della commissione d’inchiesta dell’Europarlamento, guidata dall’ italiano Claudio Fava, sui sequestri di persona degli 007 di Washington in Europa. E anche nell’elenco del ministero dei Trasporti britannico, con voli in Iraq, Grecia, Italia (Cagliari), Spagna, Portogallo, Germania, Islanda. Tra il 2002 e il 2004 la sigla N168D risulta intestata alla Devon Holding & Leasing che, secondo l’inchiesta del Parlamento europeo, è una società di copertura del governo Usa. Nella rete inestricabile tra operazioni legali e complicità degli agenti segreti corrotti restano coinvolti altri aerei: tra questi un vecchio Dc 9 con 5 tonnellate e mezzo di cocaina a bordo, atterrato per un guasto in Messico nell’aprile 2006. I piloti fuggono. Per settimane l’autorità aeronautica di Washington non rivela chi siano i proprietari. Risulterà poi una società in contatto con la Cia che, proprio pochi giorni prima del volo carico di coca, ha venduto il Dc 9. C’è un grande bisogno di mezzi per trasportare la droga dalle zone di produzione alle zone di smistamento verso Usa e Europa. Il 16 dicembre 2008 nello Stato messicano di Sonora, al confine con gli Usa, vengono sequestrati sette aerei attrezzati per la fumigazione delle coltivazioni. Non dovrebbero trovarsi lì. Erano stati assegnati alle operazioni antidroga in Colombia. Qualcuno li ha poi impiegati per il trasporto della coca verso gli Stati Uniti.

Carte false La tabella pubblicata a pagina 35 rivela la consuetudine degli esperti delle Nazioni Unite di ritoccare i dati pubblicati sulla produzione di cocaina nel mondo. Prendiamo il 2004: quante tonnellate di droga sono state prodotte, 687, 937 o 1.008? La ricerca di Alessandro Donati, promossa dall’associazione antimafia Libera di don Luigi Ciotti, dimostra ora che i numeri forniti dall’agenzia di Vienna, oltre che ritoccati, sono da anni sottostimati. Così come quelli divulgati dal governo degli Stati Uniti. Donati per tutto il 2008, giorno per giorno attraverso Internet, ha raccolto i dati sui sequestri di coca, le piantagioni distrutte, le raffinerie scoperte e i precursori chimici intercettati in Colombia e nel resto del mondo. Dati ufficiali pubblicati da siti governativi, comandi militari e di polizia. E subito i conti non tornano. Soltanto per i sequestri nel mondo di cloridrato di coca, la sostanza finita, si arriva nel 2008 a 778 tonnellate. L’Onu non ha ancora stabilito la stima per il 2008. Ma per il 2007 ha dichiarato una produzione di cloridrato di coca di 994 tonnellate, di cui ben 600 in Colombia. Se queste cifre fossero vere, significherebbe che la cocaina sequestrata nel 2008 equivale al 78,26 per cento della produzione planetaria del 2007. Cioè l’indiscutibile successo delle politiche antidroga mondiali che, per quanto riguarda la coltivazione delle piante di ‘erythroxylum coca’, si restringono a un’unica politica: il controllo degli Stati Uniti attraverso la guerra ai narcos su Colombia e Messico e i tentativi di influenzare gli altri paesi della regione, come il Venezuela. In testa alle spese di Washington, per quanto riguarda la cocaina, c’è infatti il Plan Colombia avviato nel 2000: 4 miliardi e mezzo di dollari pagati dai contribuenti americani per le operazioni militari dichiarate o segrete, la distruzione delle piantagioni, l’introduzione di colture sostitutive. Aumentare le stime sulla produzione di coca e avvicinarle ai dati reali, significherebbe però denunciare ai contribuenti il fallimento del Plan Colombia. Forse è proprio per questo che i numeri dell’agenzia di Vienna delle Nazioni Unite coincidono, tranne che per piccole differenze, con quelli divulgati dal Dipartimento di Stato americano. Ma a forza di ritocchi al rialzo per evitare che la quantità di droga sequestrata superi quella prodotta, il risultato diventa ugualmente clamoroso. L’Onu (seguito dal Dipartimento di Stato) dichiara infatti una produzione in Colombia di 300 tonnellate nel 1996 e di 600 nel 2007. In altre parole: l’intervento degli Stati Uniti e l’arrivo dei finanziamenti di Washington hanno provocato il raddoppio della produzione di cocaina. La realtà delle cifre e dei narcodollari in gioco però è molto più drammatica. Chi ha alterato i dati? E soprattutto perché?

I laboratori clandestini Nessuno ha mai denunciato il fallimento del piano di Washington che, con le sue ricadute nel traffico, riguarda anche l’Europa. Tanto meno l’ha fatto l’ufficio dell’Onu affidato prima a Pino Arlacchi e ora ad Antonio Maria Costa. Eppure l’agenzia di Vienna avrebbe avuto gli strumenti per farlo. E anche i finanziamenti: 332 milioni di dollari di budget nel 2008 e tra i finanziatori prima è la Commissione europea, secondo il Canada, terzi gli Stati Uniti, davanti a Svezia, Italia e Olanda. La ricerca di Libera esamina, tra i moltissimi aspetti, l’attività dei ‘cristalizaderos’: i laboratori clandestini in cui la pasta di coca viene trasformata in cloridrato. “Nel corso del 2008”, scrive Donati nel resoconto che sarà pubblicato sul numero di febbraio di ‘Narcomafie’, “sono state registrate in Colombia 2.338 azioni antidroga che hanno riguardato la scoperta e la distruzione di più di 3.400 laboratori del prodotto intermedio e di 311 cristalizaderos… Le autorità hanno formulato la stima della produzione mensile per 152 cristalizaderos, cioè la metà del totale”. E anche questo risultato smentisce i dati delle Nazioni Unite: “Sommando le 152 stime”, spiega Donati, “si giunge a un totale di 599 tonnellate e 494 chili di produzione mensile di cloridrato di cocaina”. In un solo mese si raggiunge la produzione annua stimata dall’Onu (600 tonnellate). A questo andrebbe sommata la produzione degli altri cristalizaderos sequestrati e di quelli mai scoperti. La ricerca di Libera fa il calcolo: “Il risultato finale dell’elaborazione permette di ritenere che i 311 cristalizaderos distrutti in Colombia abbiano prodotto nel 2008 almeno 1.400 tonnellate di cloridrato di cocaina… Una stima della produzione colombiana per il 2008 di almeno 2 mila tonnellate va considerata prudenziale, anche se è 3-4 volte maggiore delle stime dell’Onu e 4-5 volte maggiore delle stime statunitensi”. Anche le inchieste antimafia italiane smentirebbero le cifre dell’agenzia di Vienna: 600 tonnellate è soltanto la quantità trafficata in Europa ogni anno da camorra e ‘ndrangheta.

I conti non tornano nemmeno se si considera la superficie di coltivazioni distrutte dai veleni, che tra l’altro eliminano anche chi vive nell’area: il 4 agosto 2008 nel dipartimento di Vichada in Colombia è stata segnalata la morte di 25 bambini delle comunità sikuanos, guayabweros e nukak dopo le operazioni di fumigazione. “Le sistematiche manipolazioni dei dati di cui si è reso autore l’ufficio Onu per la lotta alla droga con le autorità statunitensi”, commenta Donati, “hanno avuto un solo orientamento: quello di sottostimare al punto da rendere i loro valori grotteschi. Questa pervicacia non può essere spiegata solo dal bisogno di dimostrare che il proprio ruolo di lotta alla droga è stato efficace. Gli esperti americani avrebbero avuto tutti gli anni a disposizione per correggere il tiro. Se non l’hanno fatto, devo concludere che il vero obiettivo del Plan Colombia fosse un altro: quello di mettere le mani in pasta. Quindi parti dello Stato hanno ingannato il Congresso americano”.

È quasi la stessa conclusione scritta nel 2005 in una relazione della commissione Affari esteri del Senato Usa: “La mancanza di prove evidenti di progressi documentati nella guerra contro la droga e nella neutralizzazione dei gruppi paramilitari è sconcertante”, scrivono i senatori, “considerando i miliardi di dollari di cui il Congresso ha approvato lo stanziamento per finanziare, fin dal 2000, il contrasto alla droga e l’eradicazione delle piantagioni”. Tra le firme, quella di un senatore che da pochi giorni è responsabile di quanto sarà o non sarà fatto nel futuro. Il nome è l’ultimo in basso nel documento: Barack Obama, Illinois.
(23 gennaio 2009)

Ancora Letture