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«Genocidio», Uribe accusa Chavez

6.03.08

Dagli insulti si è passati alle accuse formali. Anche se il passo successivo – alle armi – non sembra ancora probabile, la tensione tra la Colombia e i suoi vicini Ecuador e Venezuela s’infiamma di ora in ora. Dopo aver vissuto un isolamento pesante nel continente latinoamericano, Alvaro Uribe ha ricevuto i complimenti del suo sponsor George Bush, per l’impresa militare che sabato scorso ha ucciso Raúl Reyes e una ventina di guerriglieri delle Farc in territorio ecuadoriano. Ed è passato al contrattacco, forte di un appoggio che gli è arrivato anche dal Polo Democratico Alternativo (che non ha trovato di meglio che accusare Chávez di aver mancato di rispetto a Uribe) e di un’opinione pubblica ammaestrata dai media allineati come mai è successo in questi anni.
Al suo ministro degli esteri Fernando Araújo ha fatto evocare il «diritto alla legittima difesa», ricordando persino l’invasione statunitense dell’Afghanistan. Ha inviato a Ginevra il suo vice Francisco Santos (il cosiddetto «volto umano» del governo di Bogotà) al Consiglio dei diritti umani dell’Onu per ricordare l’obbligo internazionale di combattere i terroristi ovunque si annidino. «Nel nostro continente ci sono paesi che intenzionalmente disobbediscono a questo mandato», ha affermato l’ex giornalista della famiglia proprietaria del maggiore giornale del paese, El Tiempo. Ma soprattutto ha annunciato che la Colombia denuncerà il Venezuela alla Corte Penale Internazionale per «aver patrocinato e finanziato dei genocidi». Un’accusa basata su documenti trovati dalla polizia colombiana nel portatile di Reyes, recuperato dal commando militare entrato in territorio ecuadoriano dopo il bombardamento per recuperare il cadavere del leader guerrigliero e dare il colpo di grazia ai ribelli feriti (i corpi di alcuni di questi sono stati rinvenuti con tracce di colpi alla schiena).
Secondo il direttore della polizia colombiana, Oscar Naranjo, vi sarebbe traccia di una lettera che proverebbe il trasferimento di 300 milioni di dollari dalle casse del Venezuela a quelle delle Farc, oltre ad altre che dimostrerebbero che alti funzionari del governo di Caracas e di Quito stessero in affari non solo politici (ma anche legati al narcotraffico) con lo stesso Reyes. Perchè Uribe, invece della solita ingiuria di «terroristi», ha parlato di «genocidi»? La ragione starebbe in un’informazione segreta che proverebbe che con quei soldi le Farc volessero acquistare dell’uranio per costruire una specie di mini-bomba atomica. Alla bufala (che pare sia farina del sacco di Patricia Poleo, la giornalista profuga a Miami che nell’agosto scorso raccontò l’altra bufala della Betancourt tenuta prigioniera in Venezuela), ha risposto il ministro degli interni di Caracas, Ramón Rodríguez Chacín, che ha parlato di un altro computer trovato nell’abitazione di un capo mafioso colombiano, Wilber Varela (ammazzato il 30 gennaio scorso a Merida), contenente un documento che darebbe prova dei suoi legami con lo stesso Oscar Naranjo (che ha un fratello rinchiuso per traffico di cocaina in Germania).
Oltre alle accuse, più o meno inventate, si muovono anche le truppe. Nonostante il notevole dispiegamento militare ordinato dal presidente ecuadoriano Rafael Correa lungo la frontiera con la Colombia, ma la massima tensione si vive al nord, tra la Colombia e il Venezuela, soprattutto nelle regioni della Guajira e di Merida. Al di là delle rassicurazioni di Uribe di non volere una guerra con i paesi vicini, ma solo con i ribelli delle Farc, vari battaglioni dell’esercito colombiano, dotati di carri armati e cannoni di lunga gittata, si sono piazzati nei pressi della città di Maicao, secondo la denuncia fatta dall’ex vice presidente venezuelano Vicente Rangel. Da ieri sono stati chiusi tutti i posti di frontiera tra i due paesi, mentre continuano ad essere per ora aperti quelli meridionali tra la Colombia e l’Ecuador, sebbene i controlli severi provochino grandi file di camion. La preoccupazione prevale in tutte le capitali latinoamericane, tanto che sembra farsi strada un’iniziativa diplomatica brasiliana e argentina. Anche a Washington, nonostante l’evidente appoggio al blitz (e il più che probabile coinvolgimento diretto) il portavoce del Dipartimento di Stato, Tom Casey, ha chiesto moderazione ai tre governi coinvolti.
E’ in Francia dove Uribe ha perduto completamente la faccia, visto che è sempre più evidente che con l’uccisione di Reyes, il presidente colombiano abbia voluto bloccare deliberatamente la liberazione di Ingrid Betancourt, pur di evitare il parallelo riconoscimento politico dei «terroristi» delle Farc.

Guido Piccoli
www.ilmanifesto.it

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