Ipo è una organizzazione di accompagnamento internazionale e informazione in Colombia, in solidarieta' con organizzazioni sociali in resistenza non-violenta.

Ipo News

Ricevi sulla tua e mail la news letter di IPO con gli ultimi aggiornamenti del sito.

Inscriviti qui

Licenza

Creative Commons License
Questa opera è sotto licenza Creative Commons

Feed RSS

Ricevi gli aggiornamenti nel tuo web browser

PayPal

Amnesty, usata la paura per violare i diritti

24.05.07

La politica della paura ha dominato il 2006. Leader senza scrupoli si sono volutamente serviti della paura per creare divisioni, reprimere il dissenso ed eludere la giustizia. I governi hanno incoraggiato un clima di intolleranza che ha alimentato conflitti e violazioni dei diritti umani, creando un vuoto di diritti di cui hanno approfittato gruppi armati e interessi di parte per perseguire i loro scopi.

Il Rapporto Annuale di Amnesty International, che documenta la situazione dei diritti umani in 153 Paesi e Territori nel corso del 2006, mette in luce un mondo devastato da conflitti armati, repressione e discriminazione, dove le donne sono costantemente esposte al rischio di violenza e in cui intere comunità sono attanagliate da povertà ed esclusione sociale. Un rapporto che non fa sconti a nessuno. Italia compresa.

Italia. Il nostro Paese ha continuato a non avere una legge sul diritto di asilo. Il governo non ha inoltrato richiesta di estradizione per 26 cittadini statunitensi coinvolti nel caso di rendition di Abu Omar. E a seguito della legislazione anti-terrorismo in vigore dal 2005, diversi migranti hanno ricevuto ordini di espulsione e alcuni sono stati rimandati nel Paese di origine. Ultima accusa all’Italia: la legislazione non prevede specificatamente il reato di tortura il cui disegna è stato già presentato ma non è ancora legge dello Stato.

L’Italia non ha adottato una legge organica sul diritto di asilo e ha mantenuto in vigore la legge Bossi-Fini sull’immigrazione, che comprende clausole non in linea con le norme e gli standard internazionali sui diritti umani. Il disegno di legge Ferrero sull’immigrazione che andrà a sostituire la Bossi-Fini, infatti, non è ancora stato approvato dal Parlamento. Ma non è tutto. È proseguita la pratica di detenere sistematicamente i minori migranti appena giunti sulle coste italiane, in violazione delle leggi internazionali sui diritti umani e sui rifugiati. In molti casi non è stato rispettato il diritto dei minori di essere detenuti separatamente dagli adulti che non siano membri della stessa famiglia. Frequentemente i minori non hanno ricevuto né assistenza legale, né informazioni sui loro diritti e, in alcuni casi, in mancanza di un’accurata valutazione della loro età, essi hanno rischiato di essere rimpatriati forzatamente.

Accuse pesanti da parte di Amnesty che va giù dura anche sui responsabili dei centri di detenzione dove le condizioni di vita sono risultate ancora una volta problematiche e sono stati segnalati casi di personale che chiedeva somme di denaro per fornire merci a caro prezzo ai migranti rinchiusi e condizioni di carente assistenza legale, sanitaria e psicologica. Ma sul banco degli imputati l’Italia ci finisce soprattutto per il caso Abu Omar con accuse direttamente rivolte al ministero di Giustizia. Nel corso dell’anno si sono concluse le indagini giudiziarie preliminari sul caso di Abu Omar, un cittadino egiziano con permesso di soggiorno in Italia, che nel 2003 fu rapito in strada a Milano. Gli agenti statunitensi trasferirono in aereo Abu Omar dall’Italia all’Egitto dove, secondo quanto riferito, fu torturato durante la detenzione. Il rapimento sarebbe presumibilmente stato eseguito da agenti dei servizi della statunitense Central Intelligence Agency (CIA) e da esponenti del SISMI, il Servizio per le informazioni e la sicurezza militare italiano. Sebbene il ministro della Giustizia avesse autorizzato i magistrati italiani a interrogare i sospetti negli Stati Uniti, a fine anno il ministero non aveva inoltrato alcuna richiesta di estradizione per i 26 presunti agenti statunitensi colpiti da mandato d’arresto nel corso dell’anno, tra cui il funzionario che, al momento del rapimento, era a capo dell’ufficio della CIA in Italia.

«Il nostro mondo è altrettanto polarizzato come lo era ai tempi della Guerra fredda e sotto molti aspetti assai più pericoloso», dice nel rapporto di 300 pagine Irene Khan, segretario generale dell’organizzazione umanitaria. Sotto accusa è la guerra al terrorismo lanciata dagli Stati Uniti che ha portato Washington a trattare il mondo come «un gigantesco campo di battaglia». Amnesty accusa Washington, di avere una «doppia faccia». «Talmente sfrontata da lasciare senza parole», si legge nel rapporto. Gli Stati Uniti hanno «condannato la Siria considerandola parte di un “asse del male”» ma questo non ha loro «impedito di consegnare un cittadino canadese, Maher Arar, alle forze di sicurezza siriane per essere interrogato, pur nella consapevolezza che questi rischiava la tortura».

Usa. Migliaia di detenuti hanno continuato a essere trattenuti sotto la custodia degli Stati Uniti senza accusa né processo in Iraq, Afghanistan e nella base navale statunitense di Guantánamo Bay a Cuba. Il presidente Bush ha confermato l’esistenza di un programma di detenzioni segrete gestito dalla Central Intelligence Agency (CIA). Sono giunte notizie riguardanti possibili esecuzioni extragiudiziali perpetrate da militari statunitensi in Iraq e diversi soldati sono stati incriminati. I vertici militari e politici statunitensi hanno continuato a eludere le responsabilità per le torture ed altri maltrattamenti ai danni di detenuti della “guerra al terrore” nonostante vi siano prove che tali abusi siano stati diffusi e sistematici. Cinque esperti delle Nazioni Unite, tra cui il Relatore speciale sulla tortura, hanno presentato un rapporto riguardante un’indagine sulle condizioni di detenzione a Guantánamo e hanno chiesto la chiusura della struttura. Richiesta caduta nel nulla.

Il personale statunitense impegnato nella “guerra al terrore” ha continuato a godere di una sostanziale impunità per le torture ed altri maltrattamenti perpetrati, spesso nel corso di interrogatori condotti seguendo procedure e tecniche autorizzate da alti funzionari dell’amministrazione statunitense. Nonostante diversi soldati di basso grado siano stati processati davanti a corti marziali, a fine anno nessun militare o funzionario governativo era stato incriminato per atti di tortura secondo le leggi extraterritoriali contro la tortura statunitensi o per crimini di guerra in ottemperanza al War Crimes Act. Sia il Comitato contro la tortura sia il Comitato diritti umani hanno espresso preoccupazione per la palese indulgenza e impunità di cui godrebbe il personale statunitense.

Accuse pesantissime alle quali qualcuno potrebbe essere indotto a giustificare erroneamente che in guerra tutto è permesso. Peccato che le violazioni dei diritti umani da parte di agenti o funzionari statunitensi siano state commesse anche “in casa” e a danno di cittadini americani, che con la guerra al terrore non c’entrano nulla. Si legge, infatti, nel rapporto. «Sono stati registrati casi di maltrattamenti ai danni di persone arrestate o in custodia nelle strutture detentive delle forze di polizia, nel corso dei quali le vittime sono state sovente oggetto di uso illegale di manette, strumenti di contenzione e armi a scossa elettrica. Più di 70 persone hanno perso la vita dopo essere state colpite dalle scariche di un taser (un’arma a scossa elettrica in grado di sparare uncini metallici collegati a un cavo elettrico), portando a più di 230 il numero dei decessi in circostanze analoghe dal 2001. Sono pervenute segnalazioni di maltrattamenti ai danni di lesbiche, gay, bisessuali e transgender da parte delle forze dell’ordine e in alcune occasioni gli agenti non hanno agito in modo adeguato quando queste persone erano oggetto di crimini a causa della loro identità».

A maggio, il Vermont è diventato l’ultimo dei 50 Stati ad approvare una legge per la protezione delle donne detenute dagli abusi sessuali da parte delle guardie. La nuova legislazione ascrive a reato penale qualsiasi contatto a sfondo sessuale tra le detenute e i secondini. Tuttavia, molte detenute negli Stati Uniti continuano a essere a rischio di abusi a causa delle procedure che consentono al personale di sesso maschile di condurre perquisizioni corporali sulle recluse e di osservarle mentre si lavano o si vestono nelle loro celle».

Pena di morte. Una sezione del rapporto è dedicata alla pena di morte e denuncia che sono 20 mila prigionieri che si trovano nei bracci della morte, 3861 le persone condannate a morte in 55 paesi, 1591 i prigionieri messi a morte in 25 paesi (a fronte di 2148 prigionieri messi a morte in 22 paesi nel 2005). L’organizzazione evidenzia poi che il 91% delle esecuzioni è avvenuto in soli 6 paesi: Cina, Iran, Iraq, Pakistan, Sudan e Usa. Accuse pesanti sono, poi, fioccate anche nei confronti di Israele.

Israele. Più di 650 palestinesi, tra cui circa 120 bambini, e 27 israeliani sono rimasti uccisi. Le forze israeliane hanno effettuato bombardamenti aerei e di artiglieria nella Striscia di Gaza, e Israele ha continuato a espandere gli insediamenti illegali e la costruzione del muro/barriera di 700 km su terre palestinesi nei Territori Occupati. I blocchi militari e le sempre maggiori restrizioni imposte da Israele ai movimenti dei palestinesi unitamente alla confisca da parte di Israele delle tasse doganali palestinesi hanno causato un significativo deterioramento delle condizioni della vita degli abitanti palestinesi nei Territori Occupati, dove povertà, dipendenza dagli aiuti umanitari nell’accesso al cibo, problemi sanitari e disoccupazione hanno raggiunto livelli critici. I soldati israeliani e i coloni hanno commesso numerose violazioni dei diritti umani contro i palestinesi, comprese uccisioni illegali, rimanendo nella maggior parte dei casi impuniti.

Migliaia di palestinesi sono stati arrestati dalle forze israeliane nei Territori Occupati perché sospettati di delitti contro la sicurezza e centinaia sono stati trattenuti in detenzione amministrativa. Gli obiettori di coscienza israeliani hanno continuato a essere imprigionati per essersi rifiutati di prestare servizio nell’esercito. Durante il conflitto di 34 giorni contro Hezbollah e il Libano di luglio-agosto, le forze israeliane hanno commesso gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, compresi crimini di guerra. I bombardamenti israeliani hanno ucciso circa 1.200 persone e hanno distrutto o danneggiato decine di migliaia di case e di altre infrastrutture civili. Le forze israeliane hanno anche ricoperto il sud del Libano con circa un milione di bombe a grappolo inesplose che hanno continuato a uccidere e mutilare i civili dopo il conflitto.

Cina. Un crescente numero di avvocati e giornalisti sono stati oggetto di vessazioni, detenzioni e carcerazioni. Migliaia di persone che praticano la propria fede religiosa fuori dal contesto delle chiese ufficialmente riconosciute sono state sottoposte a vessazioni e molte di loro sono state arrestate e imprigionate. Sono state migliaia le persone condannate a morte o che hanno avuto le loro sentenze eseguite. Migranti provenienti dalle zone rurali sono stati privati dei diritti fondamentali. Quanto a torture e maltrattamenti hanno continuato a essere pratiche diffuse in molte istituzioni statali. I metodi di tortura più comuni comprendevano calci, percosse, scosse elettriche, sospensione per gli arti superiori, incatenamento in posizioni dolorose e privazione del cibo e del sonno. E non vi sono stati progressi negli sforzi per riformare il sistema della “rieducazione attraverso il lavoro”, un sistema di detenzione amministrativa senza accusa né processo. Si ritiene che in tutta la Cina siano centinaia di migliaia le persone sottoposte alla “rieducazione attraverso il lavoro” ed esposte al rischio di tortura.

Russia. Niente sconti nemmeno per la Russia di Putin, grande alleato di Usa. E il Rapporto 2007 diAmnesty è dedicato proprio ad Anna Politkovskaya, la giornalista assassinata a ottobre dello scorso anno a Mosca e ricordata per il suo impegno a favore dei diritti umani e per la sua stringente critica alle politiche putiniane.Difensori dei diritti umani ed esponenti della società civile indipendente hanno subito crescenti pressioni. Le autorità hanno ulteriormente limitato i diritti al pacifico esercizio delle libertà di espressione e di riunione. Giornalisti sono stati intimiditi e aggrediti e una di loro, Anna Politkovskaya, è stata assassinata. Si sono verificate altre aggressioni di matrice razzista e omofobica, alcune con esiti fatali per le vittime. Nella regione del Caucaso del Nord, in particolare in Cecenia, hanno continuato a verificarsi esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate, rapimenti, torture, anche nei centri di detenzione non ufficiali e detenzioni arbitrarie. In Cecenia, l’impunità è rimasta la norma per coloro che avevano commesso violazioni dei diritti umani, e le persone che hanno cercato giustizia hanno dovuto fronteggiare intimidazioni e minacce di morte.

In Afghanistan, crimini contro l’umanità vengono commessi da tutte le parti in conflitto, così come è avvenuto l’anno scorso durante la guerra in Libano. Il Darfur, la regione del Sudan occidentale devastata da una crudele guerra civile, è «una ferita che insanguina la coscienza del mondo» e il regime di Khartoum è messo duramente sotto accusa. Il primo ministro dell’Australia John Howard è criticato per le paure immotivate suscitate dal suo governo nei confronti degli immigrati; il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, per la sua politica che sfrutta le paure razziali. Il rapporto denuncia, inoltre, anche il crescente «fossato fra musulmani e non musulmani», e la condizione delle donne nel mondo, «vittime del terrorismo sessuale».

www.l’unità.it
23/5/2007

Ancora Letture