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1.12.07
La Betancourt è viva. Dimagrita, sciupata, con i capelli sciolti e lo sguardo a terra. Triste, com’è ovvio, ma viva (e questo non era così ovvio). E sono vivi anche un ex senatore colombiano, Luis Eladio Pérez, e una quindicina di prigionieri di guerra: dodici ufficiali colombiani e tre agenti della Cia, Marc Gonsalves, Thomas Howes e Keith Stansell, abbattuti sul loro aereo spia cinque anni fa, che appaiono in buona forma fisica e con l’espressione da Rambo.
Secondo quanto affermato in un’improvvisa conferenza stampa organizzata nel Palazzo presidenziale dal commissario per la Pace del governo Uribe, Luis Carlos Restrepo, i video che li mostrano sarebbero stati trovati in una pensione di un quartiere meridionale di Bogotà, nel corso di un’operazione anti-terrorismo dell’esercito, che ha portato alla cattura di tre presunti miliziani urbani delle Farc, un uomo e due donne. Data la propensione alle macchinazioni e ai bluff dei servizi segreti colombiani, il condizionale è d’obbligo. È più probabile che i tre siano stati arrestati proprio in quanto corrieri di quei video, magari controllando la senatrice Piedad Córdoba (la mediatrice colombiana che, dallo scorso agosto, ha collaborato con Chávez) e non si può escludere che la «brillante» cattura sia avvenuta non mercoledì scorso, ma qualche giorno prima, proprio per impedire che Chávez consegnasse i video a Parigi a Sarkozy.
I cinque video, realizzati tra il primo gennaio 2007 e la fine dello scorso ottobre, e le sette lettere di accompagnamento hanno commosso i familiari dei sequestrati, che hanno ringraziato Chávez e la Córdoba per l’«efficace» mediazione. Mentre Astrid, sorella di Ingrid, ha affermato che «in quattro mesi sono stati raggiunti risultati maggiori che nei quattro anni precedenti» (l’ultima immagine di Ingrid risaliva all’agosto 2003), la loro madre, Yolanda Pulecio, ha rilasciato una dichiarazione che ha mandato su tutte le furie Uribe: «È la prova che le Farc stessero mantenendo la parola: avevano detto che avrebbero consegnato le prove e lo stavano facendo. Questa è la verità». All’Eliseo è stata espressa una moderata soddisfazione. «Non abbandoneremo Ingrid, nè risparmieremo sforzi per liberarla dal suo calvario» ha dichiarato, durante il vertice di Nizza con Romano Prodi, Nicolas Sarkozy, che ha evitato di commentare il fallimento della mediazione venezuelana: «questa è una cosa del passato», ha fatto dire al portavoce del ministero degli Esteri. Le buone intenzioni di Sarkozy sono destinate a rimanere tali. Inaugurando un incontro della Cooperazione internazionale (del tutto allineata alla strategia governativa colombiana), Uribe si è congratulato per il successo dell’operazione militare che ha portato alla scoperta dei video e si è detto disponibile «a cercare, insieme con la comunità internazionale, meccanismi che portino alla liberazione dei sequestrati» senza però legittimare le Farc, paragonate ai carcerieri nazisti e definite «i peggiori terroristi torturatori della storia dell’umanità».
L’ennesima mitragliata d’insulti di Uribe è l’ulteriore macigno sulla possibilità di una soluzione pacifica del dramma dei sequestrati. La cattura stessa dei suoi uomini non farà che irrigidire di più la Comandancia delle Farc, che trarranno motivo, ad esempio, per ribadire, per ragioni di sicurezza, la richiesta della smilitarizzazione di una zona per un negoziato, a cui nessuno però crede più.
Dopo la sfuriata di questi giorni, Chávez non ha commentato quanto accaduto a Bogotà, occupato nelle ultime ore di campagna per il referendum. Per evitare d’incontrare Uribe, Chávez ha cancellato il viaggio a Quito, in occasione dell’inaugurazione dell’Assemblea Costituente voluta dal suo pupillo, il presidente Rafael Correa. Anche i più ottimisti devono rassegnarsi: in Colombia la parola è tornata alle armi. Almeno fino al 2010, quando Uribe dovrebbe lasciare la presidenza. La tristezza della Betancourt, oltre alla tragedia personale, descrive quella di un paese vittima di un conflitto senza soluzione.
Di Guido Piccoli
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