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Tolima, 10 dicembre: il diritto di essere umani

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12.12.07

Apro gli occhi e sono le sei di mattina.
È presto, ancora l’alba, ma i contadini che ci hanno ospitato per la notte sono già svegli da qualche ora.
Uno di loro si chiama José Buriticá ed è neopresidente dell’ASTRACATOL, la appena nata associazione di contadini del dipartimento del Tolima.
Pieno di spirito nonostante i suoi settant’anni, Don José si sveglia ogni mattina alle due e non riprende mai il sonno, ma legge febbrilmente. Legge e pensa.
La notte scorsa ci ha raccontato la sua vita che è indissolubilmente legata alla vita del suo paese, la Colombia, in cui per generazioni la sua famiglia ha coltivato la terra.
Ci ha raccontato d’anni difficili, d’assassini, bombe, genocidi, guerre interne, mafia, politica corrotta, abusi d’ogni genere.
Anni in un paese che nonostante tutto lui ama e in cui ripone ancora molte speranze, continuando a lottare e difendere il suo popolo calpestato.
Don José questa mattina ripassa il suo discorso e ce lo vuole leggere per essere sicuro che vada bene.
Don José è visibilmente emozionato perché questa mattina c’è molto da fare e da pensare: oggi è il 10 Dicembre, la giornata mondiale per i diritti umani e Ibagué, ospita il foro dipartimentale “Tolima territorio umanitario”.
L’incontro di oggi, spiega Don José, è molto importante ed è stato difficile ottenerlo.
Tutto risale a due mesi prima.
La Mobilitazione Nazionale Agraria e Popolare, proposta dai contadini del Tolima, appoggiata dalle maggiori associazioni colombiane, che dopo anni ha portato nelle piazze di tutto il paese circa ottantamila fra contadini, indigeni e movimenti sociali. In quei giorni il collettivo che ha riempito le strade di Ibagué è riuscito a strappare al governatore una promessa.
Una promessa che oggi è diventata realtà.
Si, perché il foro di oggi non è un semplice incontro fra attivisti e collettivi. Oggi la cosa sarà ufficiale: il signor governatore ha sottoscritto l’impegno ad esserci e a sostenere la causa della difesa dei diritti umani e di una soluzione politica al conflitto colombiano, e con lui altri rappresentanti istituzionali.

Arriviamo al teatro Tolima, nel pieno centro di Ibagué, dove un caffè ti costa tre volte il normale.
Negozi, luci di natale, gente a passeggio.. non sembra neanche di stare in un paese in pieno conflitto.
Poi, nel mezzo di questo luccicante capitalismo, si scorge il primo gruppo di contadini con i loro cappelli e stivali, pronti per entrare al foro. Le aspettative erano di 500 partecipanti, ma oggi loro sono almeno 1200!
L’intento dell’incontro di oggi è di promuovere pace, difesa della vita, convivenza, sostenendo a tutti i livelli la costruzione collettiva di una cultura dei diritti umani. Fomentare il rispetto per le differenze, in seno alla comunità. Promuovere l’interscambio umanitario come problema sociale..
Vengono così introdotti gli interventi che per tutta la mattinata, fino al primo pomeriggio, racconteranno e definiranno cosa sono i diritti umani e la condizione di abuso che quotidianamente vive il popolo colombiano.
Tematica centrale è quella riguardante l’interscambio umanitario, lo scambio di prigionieri fra FARC e governo, che ultimamente è tornata al centro del dibattito internazionale, sviluppando forti pressioni verso il presidente Uribe.
Fra gli interventi più ufficiali sicuramente c’è quello del governatore uscente Fernando Osorio Cuenca, e quello di Adolfo Chavarry, membro dell’ufficio dell’alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, che con la loro presenza hanno permesso a questo foro di acquistare maggiore visibilità nazionale.
Grande assente, padre Dario Echeverry della Comision de Conciliación Nacional, indicato come uno dei possibili mediatori nell’accordo fra guerriglia e governo.
Due sono le organizzazioni non governative che hanno aderito all’iniziativa, fra cui IPO, in qualità di osservatori internazionali di pace.
Testimonianza importante è quella di ASSOPRENSA, che porta una pesante denuncia alla situazione della libertà d’informazione e della pluralità, minacciata e spesso totalmente scomparsa all’interno dei maggiori organi di informazione.
Altro giornalista è Carlos Lozano, direttore del periodico Voz, una delle poche voci indipendenti all’interno dei mass media colombiani, che fa parte della Comision Nacional por Acuerdo Humanitario e che sta seguendo da sempre lo svilupparsi degli accordi e incentra perciò il suo intervento sul problema dell’interscambio con un’analisi importante e profonda. La dura critica che fa al governo è legata alle diverse proposte avanzate: Uribe dichiara di cercare una soluzione di intercambio, mentre i vertici militari ribadiscono la soluzione militare (peraltro l’unica che finora sia stata comprovata nei fatti!). Il problema di base, afferma Lozano, è che lo stato colombiano non riconosce che all’interno dei suoi confini vi è un conflitto, e non riconoscere che il paese è in guerra significa non applicare il diritto internazionale umanitario: se non si cercheranno soluzioni alle cause di questa guerra lunga mezzo secolo, un accordo umanitario potrà forse servire a dare un bagliore di speranza, a placare momentaneamente le tensioni, ma non risolverà il conflitto. D’altronde la storia colombiana ne ha visti molti di interscambi come questo, anche con centinaia di prigionieri, ma nulla può cambiare in un paese dove paramilitarismo e narcotraffico sono al servizio degli interessi politici che vogliono il conflitto.
Gli interventi più sentiti e sinceri li ha però portati chi da anni lavora dal basso per un paese diverso, per una redistribuzione delle ricchezze, per una pace vera, per il rispetto per la vita: FENSUAGRO, ASOCIACION DE CABILDOS INDIGENAS DEL TOLIMA, ASTRACATOL e molte altre..
I contadini, gli indigeni, il popolo: sono loro che hanno fortemente voluto le mobilitazioni di Ottobre e che hanno organizzato questo incontro, sono loro che sanno bene cosa sono i diritti umani oggi in Colombia.
Il diritto alla libertà individuale, il diritto alla vita, il diritto all’autodeterminazione, il diritto a un giusto processo, il diritto ad un’esistenza dignitosa, il diritto a un tetto, il diritto al cibo e al sostentamento.. tutte belle promesse che suonano quasi come offese quando si sentono le storie di vita di questa gente: loro portano gli abusi quotidiani sulla propria pelle.
A dispetto della dichiarazione universale sottoscritta anche dal loro paese, i colombiani sono governati da chi paga un esercito che in continuazione infrange questi diritti, che stringe accordi economici con i finanziatori del paramilitarismo (espressione culmine dell’abuso ai diritti umani!), che imprigiona i suoi oppositori..
Don José finisce il suo discorso con l’unica vera, reale soluzione per il suo paese.
Don José finisce invitando la sua gente a non avere più paura, a uscire di casa, riempire le strade, le piazze e costruire un vero nuovo mondo in cui realizzare tutte quelle promesse.

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