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Allo Stato colombiano il trucco non serve più

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18.11.05

Introduzione:
L’Osservatorio Internazionale di Pace (IPO) è un movimento sociale senza animo di lucro che realizza accompagnamento fisico, tecnico e politico a comunità organizzate in Colombia. Grazie al nostro lavoro in loco, noi integranti di IPO siamo stati testimoni delle violazioni dei diritti umani e delle aggressioni contro le comunità da parte degli attori armati (Stato, paramilitari e guerriglia). L’articolo che segue è stato scritto sulla base di un incidente a cui hanno partecipato l’autore ed altri membri di IPO nel nord- est Antioqueño, nel Magdalena Medio.

Ci dicevano “gente con il trucco,” e ci riferiamo ai commentari grandiosi del piccolo presidente, Alvaro Uribe Velez, quando questi diceva e sicuramente continua a dirlo a denti stretti) che i “terroristi” devono nascondersi dietro la bandiera dei diritti umani .

Questa volta, il 13 ottobre, nella cascina del “Dispetto” nel nord-est Antioqueño, scenario degli ultimi operativi dell’”Azione Integrale” dell’esercito contro la popolazione civile e non contro la guerriglia, lo diceva il sergente Blanquiceth, assieme al sergente Setina, del battaglione Calibio . Lo diceva perché erano “incazzati” –li avevamo colti di sorpresa, e dico così perché li abbiamo colti “con le mani nel sacco”: circa trenta soldati –come temono i contadini, una “commissione di assalto”- radunati dentro e a lato di una casa civile, la famiglia timorosa e zitta, mentre cinque soldati avevano stranamente portato il proprietario verso la montagna. Quando esigemmo di vedere il proprietario, don Amilca Calles, lo riportarono rapidamente, tanto veloce che il soldato che brandiva il machete si dimenticò di riporlo nella custodia. “Cosa succede”, chiedemmo, e i soldati insistettero che Amica, davanti a tutti, dicesse che non stava succedendo niente, e che (si, come no…) aveva regalato loro una giovenca del valore di 500.000 pesos (circa 200 euro). Per timore di rappresaglie, il contadino disse “si”, come spesso accade. Per completare la messinscena,
lo obbligarono a firmare il documento “di buona condotta”, mettendo per iscritto tutto quello che era stato obbligato a dire.

Più tardi, questo stesso gruppo diceva ai contadini della regione che gli avevamo rovinato i piani, e che non facevamo che ostacolare il loro lavoro. A cosa si riferivano? Lo capimmo la settimana dopo lo strano incidente, quando parlammo con Amilca, con l’esercito che si era ritirato dalla zona. Quello che mi raccontò mi fece drizzare i capelli. Disse che quando arrivammo verso la montagna, l’esercito era sul punto di ammazzarlo a colpi di machete. Lo stavano uccidendo come “favoreggiatore della guerriglia,” e che già “avevano sistemato ” ‘Boccuccia’, riferendosi al contadino Luis Sigifredo Castaño Patiño, assassinato lo scorso 7 agosto dallo stesso battaglione . Lo dissero, così, senza troppi problemi. Lui poteva “rinserrarsi” o morire. E dato che non sapeva nulla di ciò che gli chiedevano della guerriglia, doveva morire.

E c’è di più. I soldati andavano per la zona con alcuni “reinsertati,” frutto del famoso “piano di reinserzione” del governo Uribe. Avevao i nomi di guerra di Raul, Ronco, Lampadina e Torcia. Secondo i contadini, Raul era un bracciante della zona, e lavorava per Luis Sigfredo. L’esercito lo prese, lo obbligarono a fargli da “guida” e reinsertado, offrendogli case e soldi, e il 7 di agosto Raul li portò a casa di Sigfredo, un riconosciuto leader comunitario che aveva denunciato varie volte l’esercito, e lo uccisero, vestendolo dell’uniforme e presentandolo come un soldato dell’ELN abbattuto in combattimento. Lo stesso avrebbero fatto con Amilca. Più tardi, lo stesso giorno, un contadino fu intercettato dal sergente Blanquiceth e dal suo gruppo, alcuni fumando marijuana, che confermarono che dovevano uccidere que vecchio “figlio di puttana” (Amilca) di “Dispetto.” Tutto ciò grazie all’avvallo del Maggior Tenjo, che ha fatto da coordinatore per queste aggressioni contro la popolazione civile, dalla base militare che l’esercito ha costruito nella frazione di Lejanìas .

Nel nord-est Antioqueño, come in altre parti del paese, casi come questo sono all’ordine del giorno mentre la politica di “sicurezza democratica” di Uribe si trova nel suo momento più critico. Da quando è salito al potere nel 2002, Uribe ha tentato di dimostrare che la forza militare è superiore alla soluzione politica, ottenendo l’appoggio di un’elite terrorizzata da una guerriglia forte, e di alcuni contadini de paese costretti a votare per Uribe sotto la minaccia della forza pubblica e paramilitare. In campagna ed in alcune zone delle città, la “sicurezza democratica” si traduce in un aumento di torture, assassini, sparizioni, minacce e massacri. (Per non essere troppo critici nei confronti della “sicurezza democratica,” dobbiamo dire che almeno la cifra dei sequestri è scesa drasticamente, grazie al fatto che lo Stato investe milioni di pesos nelle “carovane turistiche” affinché i ricchi di Bogotà e Medellin possano abbronzarsi sulla spiaggia senza preoccupazioni.)

Però, oltre a queste violazioni, una “guerra di bassa intensità” contro i movimenti sociali non è registrata nelle cifre ufficiali e non ufficiali. Mentre l’attenzione del mondo è concentrata sulla presunta “smobilitazione” dei paramilitari, stanno arrivando ogni giorno sempre più denunce sulla complicità diretta della forza pubblica colombiana nelle atrocità. Vale a dire che non c’è più bisogno di incolpare i paramilitari. Non è più necessario raccontare la barzelletta delle AUC (Autodefensas Unidas de Colombia). Perché dovrebbe essere necessario, se ogni giorno Uribe dice nei numerosi consigli comunali y discorsi napoleonici che “non c’è territorio vietato alla forza pubblica ” e contemporaneamente etichetta ogni sindacalista, indigeno, contadino, studente, manifestante, anti-TLCista, insegnante, afro-colombiano, donna o bambino che si opponga allo status quo di guerrigliero e nemico dello Stato? E dunque la logica continua con il fatto che il soldato, in ogni parte del territorio nazionale, deve combattere il nemico, in tutti i modi e senza porre questioni. Il piano è quasi perfetto: mentre Luis Carlo Restrepo abbraccia felicemente il paramilitare Mancuso e ricicla i paramilitati desmobilizzati nelle imprese di sicurezza privata ufficiali , l’esercito –con più di 25 anni di esperienza guidando e difendendo l’esperimento paramilitare- prendere le redini nelle zone di controllo para-statale, e, nelle zone dove non ha il controllo, usare le maniere forti (con l’aiuto dei più di mille soldati e mercenari statunitensi e dei loro macchinari presenti nel paese) con i “terroristi.” Bisogna notare che, storicamente, in Colombia, le forze armate hanno ritenuto più facile attaccare la società civile nel proprio processo non violento di rivendicazione, che la guerriglia nel proprio processo armato.

I risultati? Arresti di decine di leader sociali in Cauca . Minacce dell’esercito contro i contadini che hanno denunciato il Plan Patriota nel Guaviare, Meta e Caquetà. In Cajamarca (Tolima), il massacro del 10 aprile 2004 di cinque civili- tra questi quattro minori- perpetrato dall’esercito. A Bogotà, il primo maggio 2005, la morte di un giovane manifestante per mano della polizia. In Arauca, il 5 agosto 2004, l’esercito assassinò a sangue freddo tre sindacalisti. Il massacro di San Josè de Apartadò: otto vittime 4 minori squartati dall’esercito il 21 febbraio 2005. Luis Sigfredo, contadino morto a causa dello Stato nel nord-est Antioqueño, il 7 agosto di quest’anno. E gli innumerevoli crimini che avvengono ogni giorno nell’ombra dell’impunità dello Stato colombiano .

Però abbiamo detto che il piano era quasi perfetto. C’è un ostacolo indiscutibilmente molto più forte e pericoloso per il governo Uribe che la guerriglia. Sono le migliaia di civili le ci uniche armi sono la propria voce e la verità. I movimenti sociali non-armati continuano a prendere forza (tanto numerica come materiale) per lottare contro il militarismo ed il neoliberalismo. In ogni angolo del paese, la stessa repressione e militarizzazione della vita, fanno sì che la gente “s’incazzi” sempre di più, denunciando costantemente innumerevoli aggressioni. A questo crescente malcontento, e seguendo la strategia “togliendo l’acqua al pesce, il pesce muore,” lo Stato risponde con nuove tattiche.

Quando Uribe prese il potere nel 2002, annunciò la propria intenzione di creare una rete di informanti di più di un milione di cittadini, il che fu visto come un ampliamento del suo progetto pilota di paramilitari –CONVIVIR- che condusse come governatore di Antioquia durante gli anni Novanta . Il nuovo piano prevede di includere la popolazione civile nel conflitto armato interno, qualunque sia il costo sociale. La reinserzione dei contadini civili sta avvenendo nel Magdalena Medio (ad esempio) in maniera defilata. Secondo l’esercito, l’informante –o eufemisticamente, il “cooperante”- è un “ colombiano che vuole il futuro e la sicurezza della propria famiglia, “qualcuno che” ama il proprio paese.” Dicono che la sua identità rimarrà riservata attraverso un “codice” assegnato, e “che sarà ricompensato in accordo con i risultati.” Senza dubbio, la versione che i contadini ci hanno raccontato più volte, è del tutto differente. Raccontano che l’informate è posto dinanzi a tre opzioni: o si “reinserta” come informante andandosene dalla zona, o va in carcere o nella tomba. L’esercito arriva a casa del contadino e, prima lo minaccia per ottenere informazioni sulla guerriglia, invitandolo a “reinsertarsi,” con il pretesto che la sua vita è in pericolo, che gli daranno soldi, casa ed educazione per i suoi figli . Se il contadino è terrorizzato a sufficienza, immediatamente si reinserta e l’ufficio stampa dell’esercito proclama che –un altro guerrigliero è stato desmobilizzato!- Il contadino, quindi, deve portare risultati per avere soldi e dice ciò che l’esercito vuole che dica, soprattutto, dei leader sociali della zona; questo, raccontano i contadini, è quello che accadde con alias Raul nel caso di Sigfredo. In altri casi i veri guerriglieri si reinsertano e, dato che non è facile trovare la guerriglia nel monte, segnalano anche loro i leader sociali.

Se il contadino non accetta di sottomettersi al piano di reiserzione, come ha fatto don Amilca, c’è un’altra tattica cui l’esercito può ricorrere. E’ risaputo –e facile da capire- che all’interno dell’esercito, ci sono pressioni per mostrare i buoni risultati della “sicurezza democratica”. Ogni combattente illegale abbattuto rappresenta un compimento di questo obiettivo e, molto probabilmente, un beneficio economico per gli alti comandi. Quindi, quando l’esercito non trova la guerriglia –come sta succedendo nel nord-est Antioqueño (a causa della quantità di esercito nella zona la guerriglia ha ripiegato)- la cosa più facile è uccidere un contadino, vestirlo da guerrigliero, e presentarlo orgogliosamente alla stampa come comandante o tesoriere della guerriglia. E la stampa ne approfitta, mostrando foto di un eroico soldato posando con il bottino di guerra, il cadavere di un “combattente.” Il 7 agosto di questo anno successe la stessa cosa con Sigfredo. Quando l’esercito lo prelevò da casa, indossava pantaloncini, stivali di gomma ed una maglietta bianca; dopo un combattimento simulato, trasportarono il corpo senza vita vestito in mimetica. Come si può credere quando dicono che hanno abbattuto guerriglieri nel nord-est Antioqueño o nel Caquetà, Arauca, Cauca o in qualunque altro luogo? Come ci assicurano che nella loro frustrazione non hanno un contadino e lo vestito in mimetica?

Come possono farlo?

L’unica certezza è che continueranno a farlo. Da pochi mesi, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha dato l’ok per la commissione di crimini di lesa umanità in Colombia quando ha rinnovato il certificato di diritti umani in Colombia, nonostante l’inerzia dello Stato di fronte al massacro di San Josè de Apartadò, tra gli altri. Recenti movimenti all’interno del Pentagono, con alcuni congressisti, segnalano la possibilità della creazione di un nuovo fondo (quasi 750 milioni di dollari) che sarà utilizzato direttamente dal Dipartimento di Difesa per “portare appoggio militare in tutto il mondo,” senza dover chiedere l’approvazione del Congresso . Il militarismo e la doppia morale degli Stati Uniti ben si sposano con la politica di “sicurezza democratica” di Uribe, che vuole febbrilmente chiudere con qualunque movimento sociale per aprire il paese al TLC con gli Stati Uniti, a discapito del diminuito appoggio alla popolazione . Violazioni dei diritti umani, assassini, torture, massacri, montaggi, propaganda, informanti, falsi piani di reinserzione, documenti di “buon comportamento” y camuffamenti continueranno ed essere il pane di tutti i giorni. E non è certo una buona prospettiva.

Noi abbiamo quindi un compito enorme da svolgere. Negli Stati Uniti, nello stato della Georgia, anche quest’anno si ripete la protesta per chiudere la Scuola delle Americhe (SOA, dove si sono diplomati più di 10.000 soldati colombiani, formandosi in tattica militare e contro insorgenza) dal 19 al 20 Novembre (www.soaw.org). Bisogna continuare ad opporsi ai trattati di commercio, ovunque siano, che pongono il mercato al di sopra dell’uomo. Dobbiamo avvicinare le comunità in resistenza degli Stati Uniti con le comunità in Colombia. Dobbiamo parlare e discutere di nuove strategie di solidarietà con l’America Latina. In Colombia, da parte di Ipo, vi invitiamo perché veniate a conoscere la realtà delle comunità e documentare le aggressioni contro le comunità (www.peaceobservatory.org). Attualmente in Colombia sta crescendo un movimento di recupero della memoria, perché non dimentichiamo chi siamo e la lotta e i morti che abbiamo avuto. Dobbiamo essere valorosi, perché la situazione fa paura.

E, sopratutto, dobbiamo mostrare le vere intenzioni del governo terrorista di Colombia e dei suoi alleati. Là, nel nord-est Antioqueño, i soldati non sanno che già da molto tempo, nonostante dicano a noi “gente truccata”, che la maschera ed il trucco sono già caduti al governo Uribe.

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