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26.11.05
Alto de Cazuca. Piccolo paesino nel profondo sud di Bogotà.
Arroccato su una collina aggredita dalle cave di sabbia, e attraversata dagli schiumosi scarichi di una fabbrica lontana, un gruppo di case di legno e mattoni, fatiscenti in buona parte, diroccate, attorno a ripide stradine di terra e fango.
Conosciamo Nelson che dirige un progetto di educazione alternativa. Con le sue sole forze e l’aiuto della comunità ha messo su una piccola scuola. 5 aule che accolgono giornalmente quasi 150 bambini. Uno spazio aperto di gioco e formazione. Uno spazio dove far crescere la voglia riprendersi in mano la propria esistenza, dove iniziare a sperimentare la possibilità di trasformare il visibile che ci scorre accanto per farlo diventare vivibile. Un progetto forte, coraggioso, totalmente autogestito, un urlo contro il silenzio di un governo che produce povertà e disperazione.
Flavio, ragazzo italiano che ha lavorato in Chapas e si è ritrovato quasi per caso a Bogotà finendo nella nostra casa, inizia un laboratorio con i bambini per fare il sapone e la carta riciclata.
Attorno ai tavoli della scuola si raccolgono 6 ragazzini strappati al silenzioso nulla delle strade del paese. Portano la carta che hanno trovato in giro, ascoltano e lavorano insieme, provano l’esperienza di qualcosa che si realizza tra le loro mani.
Operazioni molto semplici, a costo bassissimo che hanno la straordinaria forza di instaurare processi concreti di autodeterminazione e autoproduzione.
Alla fine del laboratorio abbiamo ricevuto la proposta di farne altri coinvolgendo anche gli adulti della comunità.
Sono ben consapevoli che progetti di formazione e autoformazione alternativa danno loro la possibilita’ di innescare processi di microeconomia dal basso, basati non tanto sulla compra/vendita, ma fondamentalmente sullo scambio.
Al di fuori delle criminali dinamiche del mercato neoliberista, queste comunità sperimentano la possibilità di instaurare processi economici auodeterminati e sostenibili,
la distribuzione interna del lavoro sostenuta da progetti di autoformazione rafforza i processi interni di convivenza e pone le basi per la formazione di una rete di rapporti tra le comunità.
Intraprendere questi processi significa credere nella possibilità del cambiamento e della trasformazione sociale per una vita che sia degna e libera.
Sul lato di una casa, rivolto verso la valle, verso l’ingresso del paese, un murales ci conferma CAZUCA VIVE.
Colombia, 2 novembre 2005