
Ipo è una organizzazione di accompagnamento internazionale e informazione in Colombia, in solidarieta' con organizzazioni sociali in resistenza non-violenta.
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29.11.05
È possibile ripulire il Mondo con un semplice sapone? Spazzare via tutta quella gente che sperpera il proprio tempo seminando morte, miseria, sfruttamento, prepotenza e superbia fra i meticolosi viali fioriti della dignità umana? È possibile comunicare ad altri i segreti di un’ arte antica e ‘’solubile’’ come la creazione del sapone? Può essere utile?
Non ne siamo sicuri, ma stiamo facendo il possibile per fare in modo che queste saponette rinfreschino per bene la coscienza e l’orrido pensiero di chi non ha saputo fare altro che incutere una paura tale da distruggere la fiducia e la speranza di molte altre vite.
Tutto ebbe inizio circa 20 lune addietro dall’utopico pensiero di un magrissimo compagno : quasi per gioco l’ idea è germogliata fra le ‘’resistenti’’ e verdi montagne del sud-est messicano, e sempre giocando i primi petali di questo insolito fiore si sono splendidamente aperti.
Da quel giorno il nostro odore non e’ assolutamente migliorato, le cause non sono sicuramente dovute al prodotto, ma solo alla nostra singolare mancanza di autocura.
Questi sono i nostri obiettivi:
-Creare laboratori di reciclaggio nelle zone costantemente assediate dal grande progetto consumistico neoliberale, coinvolgendo i popoli disagiati in un processo di mercato equo-solidale, che noi, non troppo ironicamente, chiamiamo ‘’societa’ puliscilatifondo’’.
-Instaurare un maggior confronto con le ‘’ vere’’ organizzazioni no-profit impegnate nei diversi cammini di difesa dei diritti umani.
-Favorire l’accompagnamento nei territori sotto repressione garantendo il rispetto della vita con l’appoggio di volontari nazionali ed internazionali, in maniera tale che il progetto semi-inalberato non solo abbia non solo obiettivi di insegnamento, ma anche di supporto fisico secondo le diverse priorità e necessità.
L’ESPERIENZA COLOMBIANA
Il 23 ottobre del corrente anno, scalcio il mio primo passo fra le vie di una realtà a me ignota: la Colombia.
Giunto nell’ uggiosa e caotica Bogotá, la metropoli dalle mille e una contraddizioni dove la ricchezza e la povertà danzano unite fra le disordinate e indaffarate vie capitaline, conosco IPO, mi accorgo di avere molto in comune con la sua gente…il forte odore sopratutto.
Propongo e descrivo al gruppo i preamboli di questo mio progetto, vengo a conoscenza delle infinite problematiche e ,fra le tante strade della risoluzione decido di intraprendere un mio percorso…
A circa 30 Km sud dalla capitale, si annida in piccolo mondo fatto di lamine ovvie alla pioggia: una zona appartata dove gracili vite rincorrono la propria dignità fra guazzi e miseria dichiarandosi ai ‘’grandi’’ come uomini poveri, ma non mediocri.
Sono le vittime di un’ ondulazione politica che auspica la sovranità nazionale oscillando con i propri interessi e ‘’averi’’ in accordi di libero mercato e finanziamenti alla “controinsurgenza”, migliaia di persone costrette ad abbandonare le proprie terre di origine oramai saturizzate dalla presenza militare, para-militare e ribelle.
In fuga dalla soffocante situazione, uomini, donne e bambini da 20 anni cercano riparo in questa zona collinare:siamo a Los Altos de Cazuca nel comune di Soacha.
Il municipio, tristemente noto per la corruzione e da 40 anni sotto il dominio di 3 importanti famiglie latifondiste, ebbe una reazione di rifiuto, dichiarando di non essere ‘’fiscalmente pronto’’ a ricevere la nuova popolazione. Oggi giorno, le comunità dei Los Altos de Cazuca sono suddivise in 3 gruppi per un totale di 30 ‘’barrios’’:
Cazuca alto, la parte più vecchia, ha, fra le sue comunità, l’ unico quartiere legalizzato di tutta la zona, si tratta di Julio Rincón.
Cazuca medio e Cazuca basso, quest’ ultima parte recentemente costruita (1994-95) denomina le sue 10 comunità definendole ‘’carritos’’, fra le quali Villa Esperanza, La Isla, El Oasis, El Progreso, La Unión.
Si contano approssimativamente 300.000 abitanti, (100.000 di questi non hanno eta’ superiore ai 15 anni) che si dividono in circa 400 nuclei familiari.
Le famiglie intentano riunirsi in svariate giunte comunali prendendosi autonamente compito delle varie risoluzioni comunitarie.
Le ONG nazionali ed internazionali da tempo presenti nel territorio, hanno costantemente pressato il governo per un maggior sostegno educativo e sanitario, ma il governo, per ragioni ‘’legali’’, si autolimita a coprire le attenzioni primarie usufruendo dell’ 80% dei fondi destinati alle comunità in investimenti para-militari, che oramai da 5 anni controllano pienamente l’ intera zona a scopo di ‘’prevenire l’irruzione guerrigliera’’.
A Los Altos de Cazuca sono presenti 3 collegi e 15 scuole appoggiate e finanziate dalle diverse ONG e dalle stesse comunità, da soli 5 anni c’ è acqua potabile e elettricità.
In questo contesto si è inserita la proposta degli atelier sulla produzione del sapone e della carta. Dopo essere entrati in contatto con il signor Nelson e con la scuola “Corporación Fe y Esperanza” da lui autogestita e frequentata da circa 130 bambini di una età compresa tra i 6 e i 13 anni, insieme abbiamo deciso di predisporre gli atelier per i pomeriggi compresi tra il 2 e il 18 novembre 2005.
Nel particolare la proposta era sottesa a 2 obiettivi specifici: un obiettivo formativo ed uno educativo-animativo. L’obiettivo formativo si e’ riferito alla necessità di insegnare al maggior numero possibile di ragazzi la tecnica e i passaggi per produrre il sapone e la carta riciclata; l’obiettivo educativo-animativo invece riferito alla necessità di offrire ai ragazzi la possibilità di vivere uno spazio aggregativo caratterizzato dalla relazione con persone provenienti da “un altro mondo”.
Da un punto di vista formativo ad oggi possiamo dire di aver svolto un buon lavoro: in 15 giorni siamo entrati in contatto con circa 42 ragazzi che, chi meglio, chi peggio, hanno appreso le fasi per produrre il sapone e la carta riciclata, imparando a rispettare i materiali. Siamo sicuri che in futuro in base alla disponibiltà dei materiali, presso la scuola del quartiere El Progreso si costituirà un atelier permanente per produrre il sapone e la carta riciclata.
Il sapone prodotto potrebbe diventare una risorsa economica e di sussistenza fondamentale per la vita nel barrio, perchè oltre ad essere consumato (e quindi non più acquistato) potrà essere venduto: e la cosa ancor più interessante e bella è che, per una volta, i bambini potranno assumere un ruolo attivo nella lotta per la sopravvivenza nella zona.
Da un punto di vista educativo oggi non possiamo tirare delle conclusioni: non abbiamo un feed-back da parte dei ragazzi che ci possa informare circa la bontà di uno spazio aggregativo interculturale. Tuttavia di seguito riporto alcune riflessioni raccolte in questi giorni di lavoro.
Entrando in contatto con i bambini poveri di Bogotá la prima sensazione che ho provato è stata di vergogna: era molto forte il distacco tra la mia macchina fotografica supertecnologica, la mia maglia pulita e i loro abiti stentati, la loro meraviglia di fronte ad una nuovissima pentola d’ acciaio. Emblematico questo aneddoto; Max, il compagno di IPO Comunicación, era venuto per fare alcune riprese sul progetto a Los Altos de Cazuca; intervistando E. le chiede :“ Dove siamo qui?” e lei, alla faccia della sua telecamera, risponde “Nella povertà”.
Si è rivelata molto bella invece l’accoglienza che i bambini e la gente di El Progreso ci ha riservato. Da subito si è creata una relazione confidenziale e già al secondo giorno di lavoro siamo stati coinvolti dai bambini in quelli che sono i loro giochi. Così al termine delle attività più volte siamo stati invitati alla laguna: un campetto in mezzo alla palude dove ci siamo riscoperti esploratori correndo in mezzo ai rivoli d’acqua putrida. A questo proposito è stato desolante, giorno dopo giorno, attraversare il fiumiciattolo per raggiungere il barrio: si tratta di una vera e propria fogna a cielo aperto dove convergono le acque nere di tutta Bogotà e dove il vento trasporta nuvole di schiuma pestilenziale.
Molto bella inoltre è stata la disponibilità’ al contatto fisico per cui i ragazzi non esitavano ad abbracciarci e a posare per le nostre foto.
Possiamo quindi dire di aver creato una buona relazione e, anche se per poco tempo, di essere stati un riferimento affettivo positivo. È un peccato dovere interrompere la relazione anche perchè siamo a conoscenza di casi di maltrattamento minorile: con un po’ più di tempo a disposizione forse avremmo potuto con la nostra vicinanza aiutare qualche bambino vittima di traumi familiari.