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Il desplazamiento forzato

8.05.07

Sedie silenziose sotto il portico. Barattoli vuoti rotolano per terra. Un gatto mi salta addosso chiedendo affetto e carezze che gli mancano da quasi un mese.
Al Rifugio Umanitario della Cooperativa il cibo comincia a scarseggiare, cosi’ all’assemblea comunitaria della sera in cui arrivo mi si chiede se sono disposto ad accompagnare una commissione di contadini per raccogliere platano e yucca (due degli alimenti fondamentali della cucina dei contadini colombiani) nelle coltivazioni dell’entroterra. Deciso a condividere fino in fondo il processo di resistenza di queste comunita’ accetto con piacere la proposta. In breve si costituisce una commissione di 5 contadini volontari, tutti di Ojos Claros. Gli altri presenti all’assemblea mettono a disposizione le mule per noi piu’ altre sei per caricare il cibo.
E’ lungo il cammino che dal Rifugio Umanitario della Cooperativa porta ad Ojos Claros, un gruppo di fattorie sulle montagne del Nord-Est di Antioquia. Dalla Cooperativa sono quasi cinque ore di mulo, attraversando la comunita’ di Dos Quebradas, dove al cammino si affianca il fiume Tamar, che insieme all’Ite’, un po piu’ a valle, formano il Rio Cimitarra la cui valle definisce una delle tre regioni del Magdalena Medio.
E’ aprile inoltrato e sulle montagne si avvicina la stagione delle piogge, ma nessuno sembra piu’ abitare questi luoghi.
Le fattorie e le case sono infatti state abbandonate a causa di una lunga serie di crimini e violenze copiute dall’esercito nazionale (in particolare i contadini ritengono responsabile il Battaglione Calibio appartenente alla 14° Brigata dell’esercito) culminate con l’uccisione di Carlo Mario il 25 marzo di quest’anno.
Era un ragazzo di poco piu’ di vent’anni, abitava e lavorava a Ojos Claros, era membro del gruppo culturale dell’ACVC (Associazione Contadina della Valle del Rio Cimitarra), partecipava al comitato sportivo dell’associazione ed era membro della giunta d’azione comunale (organismo di amministrazione delle comunità) di Ojos Claros.
Il 24 di marzo l’esercito lo cattura sul fiume Tamar insieme ad un altro ragazzo mentre stavano facendo scendere lungo il fiume un carico di legname (il commercio del legname e’ una delle principali forme di sostentamento in questa regione). Con una scusa vengono portati in una zona appartata della montagna per essere giustiziati, ma mentre Carlo Mario cade sotto i colpi dei fucili del Battaglione Calibio, l’altro ragazzo riesce a fuggire e diventa un testimone chiave. Come per le altre occasioni infatti l’esercito camuffa l’omicidio come un combattimento contro i ribelli, ma questa volta qualcuno puo’ testimoniare con precisione gli eventi, smascherando un ricorrente disegno criminale.
La gente di qua conosceva bene il lavoro sociale di Carlo Mario, il suo impegno per l’organizzazione delle comunita’. Oggi, sul sentiero che porta ad Ojos Claros si trovano dei cartelli dove sta scritto: e’ rimasto un vuoto nel gruppo giovanile. Chiediamo giustizia, giustizia, giustizia e giustizia. Firmato Memo, cosi’ come lo chiamavano i suoi amici.
Sale cosi’ a sei il numero dei contadini di questa zona uccisi dall’esercito (tutti fatti passare per guerriglieri morti in combattimento) dal settembre 2006.
La paura per il protrarsi di questa situazione di violenza ha portato la gente a prendere la dolorosa decisione di allontanarsi dalle loro case per riunirsi alla Cooperativa, una piccola comunita’ sulle rive del fiume Ite’.
A partire dal primo di aprile le famiglie hanno caricato tutto quello che potevano sulle loro mule allontanandosi dalle loro case. Dietro di loro lasciano piu’ di vent’anni di lavoro, di fatica quotidiana per strappare alla foresta un ettaro di terreno coltivabile. Lasciano le case, costruite tavola dopo tavola. Lasciano vestiti, vettovaglie, cio’ che non entra nei sacchi sulle mule stracariche. Abbandonano i terreni, le coltivazioni, il bestiame.
I contadini che accompagno mi fanno vedere le loro terre abbandonate, le coltivazioni di mais e riso, non curate per un mese, ormai irrimediabilmente danneggiate.
Le loro case sono vuote, le cucine silenziose, un pollo muore nell’aia sotto lo sguardo vigile dei gallinazos.
Alla crisi umanitaria si affianca una grave crisi economica.

Passiamo per la casa di Wilson Vega. Da lui lavorava Carlo Mario e come lui, e’ un membro dell’ACVC. Wilson e la sua famiglia sono stati tra i primi a lasciare la loro casa. A quanto pare il suo nome compare su una lista nera che i militari del Battaglione Calibio si portano dietro e dalla quale hanno gia’ cancellato sei nomi.
Prima di partire Giordano di Cahucopana mi dice di farre attenzione nella casa di Wilson ad un poster su cui qualcuno, dopo l’allontanamento della famiglia, ha scritto AUC che sta per Autodifensas Unida de Colombia, il piu’ spietato e organizzato gruppo paramilitare colombiano. Suona come un’orribile minaccia cosi’ come quelle impronte nere di mani calcate sulle tavole all’ingresso della cucina.
Scendo dalla mula ed entro nella casa. Ci sono capre e galline dappertutto e un forte odore di escrementi. Le stanze sono aperte (anche se la moglie di Wilson mi dice, al mio ritorno, che le avevano lasciate ben chiuse dall’interno) e gli animali hanno fatto le loro tane sui materassi. I libri, le carte e i vestiti rimasti sono sparsi per terra, sporchi e distrutti. Il grande focolare della cucina e’ stato distrutto. Il piccolo negozietto della casa, dove si vendevano generi alimentari, e’ stato saccheggiato e le cose rimaste distrutte o rese inutilizzabili. Fuori il bestiame e’ incustodito e vaga per il campo. Del manifesto con la scritta AUC non c’e’ piu’ traccia (ma conserviamo una foto scattata la settimana prima) diligentemente tolto da qualche mano laboriosa, nera, come quell’impronte che fanno ancora terribile sfoggio di se nella cucina.
Continuiamo il cammino attraversando le altre fattorie abbandonate mentre sopra le nostre teste un elicottero dell’esercito perlustra la zona.

Noto che nelle altre case le porte sono rimaste chiuse con i lucchetti che i contadini avevano messo prima di lasciarle. Non ci sono segni di saccheggio.
L’accanimento sulla fattoria di Wilson potrebbe quindi inscriversi nella logica dell’avvertimento mirato a un indesiderato. Ad una politica, quella dell’ACVC indesiderata e contrastata con ogni mezzo necessario. Ad un’umanita’ contadina senza diritti e senza dignita’.

Max Valenti
22 aprile 2007

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