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28.05.07
Sono passati ormai più di cinquecento anni dalla conquista dell’America, ma l’avvento del capitalismo ha portato ben pochi benefici per gli orfani discendenti dagli antichi indios. Annientata la loro cultura, tradizioni e religione, depredate le loro ricchezze, saccheggiate le loro terre, gli indios sono stati vittime del genocidio più grande di tutta la storia dell’umanità.
In Colombia si conoscono circa novanta popolazioni indigene, distribuite in tutto il territorio nazionale, ma la gran maggioranza ha ormai perso la propria lingua, i propri costumi, il territorio ancestrale e soprattutto i diritti civili e politici che la democrazia più longeva dell’America Latina si vanta di aver esteso a tutta la cittadinanza. Ridotti a poche migliaia, i discendenti dei legittimi abitanti di quelle terre, sopravvivono cercando di non essere inghiottiti definitivamente da quel mondo occidentale che dopo averli sterminati vuole anche cancellarne la memoria, riducendola allo stereotipo dell’indiano un po’ impiastricciato in viso che balla con piume colorate in testa e stupisce con riti stravaganti e pozioni magiche fatte su misura per gli occidentali che desiderano una notte di svago.
Ma le vittime sacrificali del banchetto iniziato con la conquista non sono soltanto gli indios: ricordiamo i milioni di africani che, strappati dalle loro terre, salpavano dall’isola di Gorè, in Senegal, per arrivare (non proprio tutti, si sa..) a Cartagena de las Indias ed essere venduti come schiavi: sfruttati e spremuti finché l’ultimo briciolo di energia non li abbandonava definitivamente, mettendo così fine allo strazio della loro truce esistenza. La memoria di questo capitolo crudele della storia è ormai stata del tutto cancellata, e l’identità culturale delle culture afrodiscendenti spazzata via come un cumulo di foglie secche in una giornata ventosa. Oggi sono in pochi gli afrodiscendenti che conoscono le proprie origini e quasi nessuno sente il minimo senso d’appartenenza o vicinanza con l’Africa, antica madre terra. Del resto ci sono bisogni molto più contingenti a cui dare priorità: recentemente, e solo grazie ad un video, la Colombia si è accorta che bambini del Chocò stanno morendo di fame a causa della corruzione dei governanti che intascano gli aiuti mandati dal governo. O magari perché la struttura dell’economia neoliberista non darà mai loro le condizioni di poter vivere e svilupparsi degnamente.
Ai mestizos e ai criollos la lotteria biologica non ha dato migliori risultati: figli illegittimi dei conquistatori, hanno sempre mantenuto posizioni subalterne, combattuto guerre contro le proprie genti per favorire gli interessi degli europei, lavorato in condizioni disumane per far godere ad altri i frutti dell’economia di mercato sottomettendosi al volere dei dominatori, miopi del futuro a loro destinato.
In una sorta di piramide sociale scura alla base e chiara al vertice, la conquista è riuscita a riprodurre la teoria razzista introdotta dall’“antropologo criminale” italiano Cesare Lombroso che riconosceva come criminali congeniti i tratti fisici dei neri e degli indios [1] . In Colombia, così come in quasi tutta l’America Latina, la classe dirigente è composta da bianchi, discendenti dei conquistatori europei che rinnegano la reale origine della loro gente e, al contrario, rivendicano come modello da seguire la hispanidad, quello dei loro aguzzini e depredatori.
Non stiamo però parlando di una relazione biunivoca, perchè essere di carnagione chiara non è garanzia né di benessere né di un qualsiasi status sociale, difatti una democratizzazione è sì avvenuta: la democratizzazione della povertà.
Le condizioni in cui versano le classi subalterne, cioè la gran maggioranza del paese, peggiorano di anno in anno senza lasciare troppi spiragli alla speranza di un rapido miglioramento.
“Comunità afroamericane, indigeni e contadini, come pure civili residenti in zone situate al centro del conflitto militare hanno continuato a essere particolarmente a rischio di attacchi da tutte le parti in conflitto. Più di 770 civili sono stati uccisi o sono stati vittime di sparizioni forzate durante la prima metà dell’anno. Più di 219.000 persone sono state sfollate forzatamente durante l’anno, contro le 310.000 del 2005. Più di 45 membri delle comunità indigene sono stati uccisi nei primi sei mesi dell’anno.”
Rapporto Amnesty International 2007 sulla Colombia
In compenso le multinazionali e le transnazionali [2] continuano a fare affari d’oro nella terra di El Dorado; nel paese operano attualmente circa 400 multinazionali con un giro d’affari annuo di 26.600 miliardi di pesos, equivalenti al 15% del PIL. Quattro di esse compaiono nella speciale classifica annuale delle prime 10 società per fatturato ed utili; si tratta della Triton Colombia Inc., della BP Expoloration Company, della Oxycol e della Oxiandina, società operanti tutte nel settore petrolifero [3].
Il furto legalizzato delle ricchezze non è però indolore per il popolo colombiano. Oltre ad essere privati delle materie prime di cui la loro terra dispone in abbondanza, rapinati delle fonti energetiche naturali di cui lo sviluppo ha tanto bisogno, con la conseguente devastazione dell’ambiente, la ricompensa consiste in massacri, sfollamenti forzati, sparizioni indiscriminate e morte sicura per tutti coloro che osano alzare la voce per denunciare questo scempio. Ricordiamo che la Colombia continua a detenere il record mondiale di sindacalisti ammazzati, 70 solo nel 2006, secondo il rapporto di Amnesty International.
Nel marzo di quest’anno la transnazinale Chiquita è stata multata di 25 milioni di dollari per aver finanziato i gruppi paramilitari in Urabà durante il decennio 1996 – 2006. La collusione tra imprese, funzionari statali e paramilitari, autori delle più becere atrocità contro i civili, è ormai sentenziata anche in un paese dove “l’impunità ha continuato a rappresentare un grave problema, e il sistema di giustizia militare si è continuamente occupato di casi riguardanti i diritti umani in cui era coinvolto personale militare nonostante la decisione del 1997 della Corte Costituzionale che stabiliva che questi casi dovevano essere trattati dal sistema di giustizia civile” (Rapporto Amnesty 2007).
Questi sono soltanto pochi esempi che mostrano come la conquista non sia una triste pagina della storia passata, ma continua ad essere tristemente praticata ogni giorno dai paesi occidentali che non hanno il minimo scrupolo nell’avvallare ogni sorta di atrocità compiuta in nome del profitto e del progresso.
E’ infatti alto, troppo alto, il prezzo che in molti pagano in cambio del benessere di pochi. Le nostre democrazie, del resto, non ci raccontano mai l’altro volto del capitalismo, quello crudele, violento, usurpatore e assassino. I mezzi di comunicazione tacciono di fronte ad una realtà scomoda, che è meglio che i più ignorino; al massimo qualche fugace immagine dei poveri bambini che muoiono di fame nel Terzo Mondo, giusto per raccogliere fondi e ripulire coscienze.
E le voci fuori dal coro sono quelle degli estremisti, comunisti, noglobal, radicali e terroristi.
NOTE
[1] E. Galeano “La conquista che non scoprì l’America” Manifestolibri, 1992
[2] Ricordiamo che la classificazione “multinazionale” significa che l’impresa conta con capitale straniero però non realizza attività di produzione o prestazione di servizi fuori dalla Colombia. La classificazione “transnazionale” significa che l’impresa realizza attività di produzione o prestazione di servizi in due o più paesi, e una “translatina” è un’impresa con capitale latinoamericano che tiene le caratteristiche di una transnazionale.
[3] A. Mazzeo “Il potere delle transnazionali e delle oligarchie locali” www.terrelibere.it