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30.05.08
Colombia, morire per il sindacato di Giada Mauri venerdì 30 maggio 2008 Pagina 1Trasversale come la pioggia durante un temporale. Per quanto ci si sforzi di proteggersi, è impossibile non bagnarsi.
Così la connivenza tra governi nazionali e poteri economici, spesso, sovranazionali.
Tragedie come quelle che si verificano da anni nell’ex Birmania, in Tibet, in Rwanda o in Darfur, per quanto ancora incredibilmente impenetrabili (e impenetrate), stanno ad oggi ottenendo maggiore visibilità e interesse globale.
D’altra parte è la regola. Nel momento in cui una realtà drammatica, taciuta e relegata in brevi notizie presto dimenticate, trabocca, straripa assumendo lo status di catastrofe, qualsiasi atteggiamento omertoso non risulta più credibile né tantomeno giustificabile.
Le organizzazioni non governative (Ong) giocano la loro partita in queste e per queste terre ma hanno soprattutto il grande merito di fare da cassa di risonanza per altrettante situazioni ancora sconosciute.
Solitamente associamo la Colombia alle Farc, al rapimento della leader dei Verdi Ingrid Betancourt, alle piantagioni di cocaina e alla quarantennale guerra tra forze paramilitari e guerriglia ribelle.
C’è un’altra guerra che si combatte da anni in Colombia. In relatà non è una guerra, perché questa implicherebbe di fatto due antagonisti parimenti armati e motivati.
Dagli anni ottanta qui si compiono “attacchi sistematici contro i sindacalisti impegnati nei contenziosi sul lavoro, in campagne contro la privatizzazione e per i diritti dei lavoratori in alcune aree dove operano le industrie estrattive”. (Amnesty International)
Dal 1991 ad oggi sono stati assassinati 2301 sindacalisti, senza contare le migliaia tra i minacciati e i costretti all’esilio.
Se si considera poi l’altissimo tasso di impunità (secondo le stime, circa il 90%) e le evidenti responsbilità governative in questa vicenda, non risultano incomprensibili né le violazioni dei diritti umani né tantomeno il reiterarsi di queste morti.
Il sindacato SINALTRAINAL, che dal 1989 si occupa della tutela dei lavoratori in ambito agro-alimentare, ha più volte condannato l’ingerenza delle multinazionali straniere, colpevoli di aver creato un pericoloso clima di “dipendenza alimentare”.